Nel secondo trimestre del 2017 il PIL italiano è aumentato dello 0,4% rispetto al trimestre precedente e dell’1,5% nei confronti del secondo trimestre del 2016.
Lo riporta l’Istat nel suo comunicato stampa di metà Agosto, segnalando anche che ciò è avvenuto nonostante il numero di giornate lavorative sia stato inferiore rispetto a entrambi i trimestri utilizzati come confronto.
La crescita, che dovrà comunque essere confermata in seguito anche in sede di revisione (quella attuale è una stima preliminare), è dovuta in primo luogo all’aumento del valore aggiunto dell’industria e dei servizi (mentre esso si è ridotto nell’agricoltura). Guardando invece alla composizione del PIL in base alla domanda, si registra un apporto positivo della componente nazionale (consumi e investimenti, al lordo delle scorte) e un impatto negativo, anche se limitato, del saldo tra esportazioni e importazioni (dove queste ultime sono cresciute relativamente di più).
Si tratta quindi di una buona notizia, che fa ben sperare affinché vengano confermate le stime positive offerte da diversi istituti di ricerca per quest’anno. La variazione del PIL già acquisita per il 2017 è pari infatti a un solido +1,2%.
Dal punto di vista negativo, la stessa Istat ricorda che nello stesso periodo il PIL è aumentato in termini congiunturali dello 0,6% negli Stati Uniti, dello 0,5% in Francia e dello 0,3% nel Regno Unito. In termini tendenziali, si è registrato un aumento del 2,1% negli Stati Uniti, dell’1,8% in Francia e dell’1,7% nel Regno Unito.
Se si guarda inoltre al confronto con gli ultimi anni, come ben illustrato dal grafico degli ultimi 12 anni inserito nel comunicato stampa dell’Istituto, il PIL italiano è ancora piuttosto lontano dal ritornare ai livelli pre-crisi del 2007. Fatto 100 il valore del 2010 (anno di riferimento per tutte le valutazioni di questo indicatore), il PIL attuale si aggira proprio intorno a tale cifra, mentre il picco di inizio 2008 si attestava intorno a 106.
Ancora molta strada deve essere fatta per tornare ai livelli pre-crisi, agendo soprattutto su tutti gli elementi strutturali di inefficienza che vincolano fortemente la nostra economia. Annate buone, come potrebbe essere il 2017 (lo speriamo tutti), faranno solo tirare un po’ il fiato agli italiani, come forse dimostrano i recenti dati sul turismo, e non è poco: ma senza riforme, anche dolorose per alcune fasce della popolazione, non si ripartirà mai davvero (e saremo sempre a rischio quando arriverà la prossima recessione).