Imparare a vivere nell’incertezza

Imparare a vivere nell'incertezza
Imparare a vivere nell’incertezza

La scorsa settimana abbiamo avviato una riflessione su come si comporta la nostra mente di fronte all’incertezza della ripresa e quali sono i nostri bisogni per imparare a gestirla.

Il mio articolo è stato ripreso da Oliviero Cresta, che a sua volta ha messo in evidenza alcune efficaci tecniche per tenere sotto controllo l’ansia da incertezza.  Una sensazione, più o meno sottile, con cui negli ultimi tempi abbiamo avuto tutti a che fare.

Le strategie di coping

La nostra mente non sembra, infatti, essere fatta per sentirsi a proprio agio nell’incertezza.  Al punto che, a volte, di fronte a un evento per noi significativo dall’esito incerto, non disdegniamo, pur con scetticismo, di curiosare la rubrica dell’oroscopo, sapendo già che quelle predizioni non hanno alcuna base scientifica.

L’incertezza e l’imprevedibilità del futuro che, insieme alla paura, si sono insinuate nelle nostre vite con l’irruzione improvvisa e prepotente del Covid-19 e della conseguente emergenza sanitaria, sono emozioni con le quali stiamo imparando a convivere e verso le quali stiamo imparando nuove capacità di adattamento.

Per molti di noi possono rivelarsi molto più faticose che per altri.

Le ricerche di psicologia sociale relative alla gestione dell’incertezza ci dicono che, nel momento in cui le nostre esperienze, le nostre euristiche e i nostri bias non sono sufficienti a rendere gli eventi futuri controllabili e prevedibili, ognuno di noi mette in atto una serie di strategie. Alcune di queste si rivelano funzionali e adattive, finalizzate a ridurre o rimuovere (anche se talvolta in modo illusorio) l’incertezza che caratterizza una situazione soggettivamente rilevante o il disagio legato alla sensazione di imprevedibilità.

Nei loro studi Bottesi, Carrari et al. (2019) identificano, in particolar modo, cinque categorie di risposte comportamentali che possiamo intraprendere per gestire l’incertezza:

  • Ipercoinvolgimento
  • Disimpegno
  • Impulsività
  • Esitazione
  • “Flip-flop” (oscillazione)

Ipercoinvolgimento

L’ipercoinvolgimento include vari comportamenti volti ad aumentare la certezza, come ad esempio la ricerca eccessiva di informazioni. O anche continuare a pensare a possibili esiti futuri e relative azioni da mettere in atto. È una strategia attiva, è spinta dalla necessità di incrementare la sensazione rassicurante di certezza.

Disimpegno

Il disimpegno implica la messa in atto di comportamenti finalizzati a evitare future situazioni incerte. Per esempio distrarsi, impegnandosi completamente nello svolgimento di altre attività.

Impulsività

L’impulsività prevede invece l’agire re-attivamente, senza pensare alle conseguenze delle proprie azioni, con l’obiettivo di eliminare immediatamente l’incertezza. Questa modalità comprende sia il fare la prima cosa che ci “passa per la testa”, sia il ricorso all’uso di alcol o sostanze simili per alleviare illusoriamente e temporaneamente il disagio causato dall’incertezza.

Esitazione

L’esitazione si traduce nel non agire, causato dalla difficoltà di scelta tra le strategie precedenti.

Oscillazione

Infine, il “flip-flop” consiste nel continuo e repentino cambiamento di strategia, per cui la persona oscilla tra la ricerca della certezza e l’evitamento dell’incertezza.

È importante sottolineare che ciascuna di queste strategie è di per sé funzionale e adattiva. Infatti, una strategia comportamentale diventa disfunzionale nel momento in cui viene impiegata in modo rigido e stereotipato. E questo accade in coloro che hanno particolare difficoltà a tollerare una condizione difficile per tutti: l’incertezza, la mancanza di prevedibilità e quindi di controllo.

L’intolleranza all’incertezza

Negli anni ’90, alcuni ricercatori canadesi della Laval University (Dugas, Gagnon, Ladoceur, Freeston; 1998; Freeston, Rhéaume, Letarte, Dugas, Ladouceur; 1994) hanno sviluppato il costrutto di “Intolleranza all’incertezza” (Intolerance of uncertainty, IU).

Si tratta di un concetto a lungo approfondito, che può essere definito come una “caratteristica disposizionale che emerge da un set di convinzioni negative riguardo l’incertezza e le sue conseguenze. Questa condizione implica la tendenza a reagire negativamente a livello emozionale, cognitivo e comportamentale a situazioni ed eventi incerti” (Buhr, Dugas; 2002).

Originariamente, la ricerca sulla IU si è focalizzata prevalentemente sulle reazioni cognitive ed emozionali che tipicamente vengono ad attivarsi in risposta a situazioni che potrebbero avere un esito positivo, neutro o negativo, ma che ancora non si sono verificate.

Preoccupazioni eccessive?

Da un punto di vista cognitivo le persone con elevata IU tenderebbero a sovrastimare le probabilità che eventi inaspettati, negativi e minacciosi possano accadere.

Oppure a interpretare le informazioni ambigue come fonte di minaccia. Ma anche a percepire di non possedere sufficienti abilità di problem solving adeguate a fronteggiare situazioni improvvise negative. O, ancora, a ritenere che gli eventi incerti debbano essere evitati, indipendentemente dalla reale possibilità che possano verificarsi (Carleton, Norton, Asmunderson; 2007).

Queste persone tendono a presentare quello che in psicologia viene chiamato “worry”. Si tratta di una preoccupazione eccessiva che si manifesta con un rimuginìo costante e patologico riguardo alla fonte di incertezza e incontrollabilità (e quindi di preoccupazione).

Imparare a vivere nell'incertezza

A livello emotivo coloro che presentano un’elevata IU tendono a provare intensi sentimenti di ansia, un costante senso di preoccupazione e angoscia riguardo a diversi temi(responsabilità professionali e familiari, salute, denaro, sicurezza eccetera). A livello di attività mentale, si traducono appunto nel “worry”, il quale non fa che esacerbare e mantenere lo stato emotivo di ansia, di angoscia, come in circolo vizioso.

L’ossessione delle informazioni disponibili

Dal punto di vista comportamentale invece, Bottesi et al. (2019) hanno messo in luce che coloro che presentano un’elevata IU tendono a utilizzare in modo costante, inflessibile e stereotipato le cinque strategie di coping per gestire l’incertezza sopra descritte.

Persone con elevati livelli di IU, spinte dalla necessità di incrementare la certezza, possono ricorrere in modo massivo alla strategia dell’ipercoinvolgimento, ricercando costantemente informazioni sulla situazione soggettivamente rilevante percepita come incerta.

Esemplificativa di questo atteggiamento è l’eccessiva ricerca di informazioni sull’evoluzione del Covid-19, attraverso il costante monitoraggio di siti, telegiornali e trasmissioni sull’argomento.

Riprodurre cioè nella propria mente tutte le informazioni acquisite sulla pandemia e  rimuginare attorno alle possibili conseguenze (sulla salute propria e altrui, sul lavoro, sull’economia, sul futuro) e sulle soluzioni da intraprendere.

Quello che abbiamo definito “worry” sono azioni spesso compulsive. Generalmente sono motivate da una (illusoria) sensazione di incrementato controllo sulla situazione, congiuntamente alla convinzione che tali azioni di rimuginìo aiuteranno ad “arrivare il più possibile preparati” a ogni eventualità.

Le principali conseguenze negative di questo approccio consistono nell’ulteriore aumento delle sensazioni di incertezza e nel possibile instaurarsi della cosiddetta “credenza negativa”. Ad esempio “tutto andrà necessariamente nel peggior modo possibile”.

Infatti, le informazioni disponibili sul Covid-19 e, di conseguenza il suo impatto sul mondo economico e del lavoro, scolastico eccetera (ma anche, se vogliamo, le previsioni e le analisi sul futuro del noleggio), si modificano di giorno in giorno. Continuare ad acquisirne e a preoccuparsene di continuo, ha effetti controproducenti perché, purtroppo, l’assenza di informazioni certe è un elemento intrinseco alla situazione.

Girarsi dall’altra parte?

Anche strategie come il disimpegno e l’impulsività tendono a essere usate in modo rigido e stereotipato dalle persone con elevata IU, nel tentativo, rispettivamente, di evitare l’incertezza o eliminarla in modo immeditato.

Un uso massiccio del disimpegno verso una fonte di preoccupazione, oggettiva o soggettiva, può portare a vere e proprie forme di evitamento. Ovvero, alla tendenza da parte di queste persone a evitare del tutto informazioni e stimoli minacciosi in grado di innescare emozioni negative.

La messa in atto di condotte di evitamento viene rinforzata negativamente dalla riduzione dell’ansia che ne consegue. Questo fa sì che, a lungo termine, tali comportamenti si configurino come fattori di mantenimento dell’ansia stessa. L’evitamento impedisce alla persona di elaborare l’esperienza emozionale e di sperimentare l’assenza del collegamento tra stimolo incerto e conseguenze avverse (Lores, Lòpez, Vervliet e Cobos, 2018).

Infine, la combinazione di un uso massiccio ed eccessivo di disimpegno e impulsività può incentivare la messa in atto di condotte trasgressive, contrarie alle norme previste, alle regole imposte dalle circostanze.

Nel caso specifico dell’attuale emergenza sanitaria, persone con elevata IU che combinano in modo massivo le strategie di coping di disimpegno e impulsività, possono decidere di non seguire le prescrizioni e le raccomandazioni previste, ritenendole inutili, se non addirittura controproducenti per la propria qualità di vita.

Questi comportamenti minimizzano il disagio legato all’incertezza. Ma incrementano il rischio di provare emozioni negative (ansia, rabbia, ma anche colpa) successivamente, nel momento in cui qualcosa andasse storto o non fosse più possibile comportarsi come se la situazione non fosse seria.

Oltre, chiaramente, a mettere seriamente a rischio la salute sia individuale che pubblica.

Saper stare nell’incertezza

In conclusione, cos’è l’incertezza?

E’ “la condizione perfetta per incitare l’uomo a scoprire le proprie possibilità”, come scriveva lo psicoanalista e sociologo tedesco Erich Fromm?

Oppure “è il peggiore di tutti i mali” come affermava nell’Ottocento il giornalista e scrittore francese Alphonse Karr?

Di certo è una condizione non facile vivere per la nostra mente, che ha bisogno di prevedibilità e controllabilità. Ma in un mondo dove non sempre è possibile sapere ciò che succederà e in cui non è possibile avere tutto sotto controllo, il nostro cervello è progettato per affrontarla.

Abbiamo cioè delle risorse innate che, se usate in modo flessibile, ci permettono di fronteggiare le difficoltà in modo positivo.

È allora importante imparare a tollerarla, entrando in contatto con le nostre emozioni, anche quelle più spiacevoli, senza allontanarle, ne esserne sopraffatti. Riconoscendo che, in un dato momento della giornata ad esempio, si sta provando quella emozione specifica.

Che si tratti della pandemia o dell’incertezza sul futuro del nostro lavoro, possiamo quindi accogliere le nostre emozioni. “Stare dentro” a quell’esperienza e raccontarci ciò che stiamo provando.

Così facendo, l’intensità delle nostre emozioni si abbasserà un po’ alla volta. Saremo capaci di disinnescare delle reazioni impulsive o inadeguate, dettate dalle emozioni stesse che stiamo provando e ritrovando il controllo di noi stessi.

Possiamo imparare a smettere di pianificare sempre tutto, essere estremamente esigenti e perfezionisti con noi stessi. Dato che non possiamo controllare tutto e che le cose non sempre vanno come prevediamo, farlo ci creerà solo frustrazione.

Possiamo imparare a galleggiare un po’ nell’incertezza per non annegare nella paura e nell’ansia, a lasciarci andare. Possiamo darci il permesso di chiedere un aiuto, un supporto per affrontare questo periodo così faticoso al fine di ritrovare le nostre, innate, risorse.

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