Una delle tante anomalie del lungo periodo di contrazione dei mercati è l’uscita, più o meno alla chetichella, delle banche dal sistema di finanziamenti rivolto al sostegno dell’economia.
Alla base del cosiddetto “credit crunch” poteva anche esserci, inizialmente, un ridimensionamento prudenziale dell’immissione di liquidità nel sistema delle imprese; ma ormai siamo di fronte a un vero e e proprio fuggi fuggi finanziario che ha creato una dicotomia quasi insanabile tra finanza ed economia reale. Le banche, dopo aver incassato il sostegno dei governi, hanno abdicato al loro ruolo di polmone produttivo, preferendo fare utili in attività di trading dove alla base non c’è nessun valore economico, ma solo giochi di carta, spesso carta straccia e, ancora più spesso, attraverso un vampirismo perpetrato ai danni dei titoli pubblici di quei governi che, quasi per nemesi, continuano a sostenere il sistema bancario (non potendo farne a meno). Il triste cerchio si chiude quando, a fine anno, i risultati reddituali di queste attività, vengono lautamente distribuiti ai top manager, con buona pace di tutti i fiumi di parole spesi nell’indignazione collettiva.
Il noleggio soffocato
Bene (anzi, male): in questo contesto, infatti, il noleggio si presenterebbe come nuovo cuscinetto, reale orientamento verso un’opportuna politica di costi variabili e alternativa al ricorso di leasing o apposite linee di credito per finanziare investimenti in beni strumentali. Quasi una funzione sociale paragonabile a quella dei prestiti personali.
La triste realtà è che la filiera del noleggio viene penalizzata almeno tre volte.
In primis, nessuno finanzia più i costruttori di macchine e attrezzature che, salvo rari casi, tagliano investimenti in ricerca e sviluppo e, soprattutto, le fasi di assistenza e post vendita, vero supporto per i servizi di qualità dei noleggiatori.
Poi, le società di noleggio già sovradimensionate (o bisognose di sostegno per il proprio sviluppo) si trovano in asfissia di liquidità e sono costrette a ridimensionare la struttura e, ahimé, a smantellare i propri parchi noleggio, cioè la vera fonte di costruzione del reddito nel tempo, sperando illusoriamente di incassare almeno un buon valore residuo da questa mattanza.
Infine, le imprese, a loro volta soffocate, che sono costrette a navigare a vista e, sovente, vengono messe in condizioni di lenta agonia proprio dalla sottrazione costante di credito disponibile.
Certo, in mezzo a tutto questo ci sono le gestioni sbagliate, l’arrembaggio alla sopravvivenza a colpi di riduzione dei canoni, una scarsa propensione dei noleggiatori a crederci veramente e l’incompetenza delle imprese circa la valorizzazione dei servizi esternalizzati. Le banche non fanno più la loro funzione e il sistema noleggio, nella sua ampia accezione, non è ancora in grado di imporsi (e nemmeno viene aiutato a farlo da associazioni e istituzioni).
Come si evolveranno le cose? Lo scopriremo solo vivendo.