Mi è capitato, dopo tanto tempo, di leggere una rivista di settore a cui sono molto affezionato. Sinceramente l’ho trovata stanca, vuota, autoreferenziale. Quasi si respirasse una sorta di resa alla rassegnazione, un assuefarsi all’impossibilità di far circolare nuove idee e comunicarle efficacemente.
Certo, la crisi ha colpito duramente tutti, ed è difficile tirare fuori le energie quando sono proprio le risorse di base a venire a mancare. Ma se una cosa non ha più senso, almeno così come viene fatta, perché ostinarsi a tenerla in vita con piccole boccate d’ossigeno (che in realtà l’ossigeno lo tolgono a qualcosa di più funzionale)?
Oggi il marketing, e a un passo prima, la comunicazione, devono poter misurare direttamente i propri ritorni. In rete, ad esempio, è una cosa che si può fare senza troppe difficoltà, quantomeno numericizzare i contatti, analizzare aree di interesse dei contenuti aperti dai destinatari e cercare qualche feedback immediato.
Fare una pagina di pubblicità su una rivista cartacea oggi è diventato molto costoso e rischioso. Non sto dicendo che sia uno spreco, anzi: se la rivista è stampata e diffusa con una buona tiratura, ed è ricca di contenuto e quindi autorevole per il target di interesse, e soprattutto se viene letta e tenuta sulla scrivania per ulteriori consultazioni, di sicuro ne vale la pena (magari affiancando alla pubblicità istituzionale un’attività di produzione sistematica di contenuti editoriali di interesse più ampio).
Comunicazione 2.0
Il mondo del Web offre comunque uno spazio di visibilità più ampio e profondo. In senso orizzontale, perché gli internauti, con le loro logiche personalizzate e imprevedibili di ricerca, incappano in contenitori informativi molto più articolati e dinamici (blog, social network, forum…). E in senso verticale, perché il concetto di comunità riunita attorno a un argomento specifico qui è possibile, è visibile e, soprattutto, a costi accessibili.
Con l’avvento di forme di finanziamento innovative, per quanto controverse, come il crowdfunding (cioè la raccolta diretta delle fonti finanziarie di sostentamento ai propri progetti) e con la conclamata potenza aggregante del networking online, un’azienda dovrebbe comprendere meglio che l’utilizzo mirato di strumenti propri (blog aziendali) o piattaforme ad hoc (blog di settore, forum, social network…) può essere utile anche a chi non sta tentando una carriera politica come Obama o Grillo o a chi produce beni di largo consumo come la Coca Cola, ma anche a chi promuove un servizio articolato, sofisticato e ricco di contenuti come il noleggio.