Nei primi due articoli di questo speciale sul consumo condiviso abbiamo parlato della varietà di servizi oggetto di scambio, e di come le aziende che organizzano queste piattaforme si siano organizzate per stimolare la costruzione della necessaria fiducia tra i partecipanti.
Nella maggior parte dei casi questi sistemi di auto-controllo funzionano. Ma ogni tanto può verificarsi qualche problema, il che ha spinto i principali siti di noleggio peer to peer a dotarsi di sistemi di protezione per sé stessi e per gli utenti. Airbnb ha avuto non pochi problemi di immagine quando, nel 2011, l’ospite di una utente del sito devastò la sua casa e le rubò oggetti preziosi. Dopo un inizio con il piede sbagliato (cioè negando il problema), Airbnb acconsentì a coprire le spese della sua utente. e introdusse una polizza di protezione per gli utenti fino a un valore di 50.000 euro, in seguito aumentata a un milione di euro con l’aiuto degli Lloyd’s di Londra. Airbnb ha anche migliorato il suo sito, per consentire agli utenti di scoprire e scambiarsi in anticipo informazioni reciproche.
Anche i sistemi di car sharing peer to peer prevedono polizze assicurative, anche se questo vuol dire intaccare le commissioni del gestore della piattaforma. Ma in realtà quello che ancora è in discussione è proprio la responsabilità diretta del sito che gestisce il sistema di consumo condiviso. Tre stati americani (California, Oregon e Washington) hanno legiferato sul tema, specificando che la responsabilità in caso di incidenti è della piattaforma di noleggio peer to peer, come se fosse temporaneamente proprietaria del veicolo durante il noleggio. Un grande assicuratore americano, GEICO, ha modificato le sue polizze per escludere dalle coperture i clienti che offrono a noleggio il loro veicolo, anche se quest’ultimo è del tutto legale.
Ostacoli normativi
Le assicurazioni sono infatti un esempio di come i servizi di noleggio peer to peer si stiano scontrando contro ostacoli normativi. In molti casi essi si trovano in conflitto anche con le complesse norme che regolano certi settori. Per aggirare i problemi legati al noleggio con conducente e ai servizi taxi, alcuni servizi, come Lyft e SideCar, non fissano una tariffa di noleggio e non gestiscono i pagamenti. Ai passeggeri viene invece chiesto di dare ai guidatori una “donazione”: se si rifiutano (cosa che possono fare, trattandosi di una “donazione”), ovviamente riceveranno giudizi e recensioni negative.
Ma questo non convince tutti. A novembre dell’anno scorso la Commissione per i servizi pubblici della California ha multato Lyft, SideCar and Uber per aver “gestito un servizio di trasporto passeggeri senza prove di responsabilità pubblica né coperture danni” e “aver assunto guidatori dipendenti senza provare l’esistenza di garanzie sui compensi”. Tutte e tre hanno presentato ricorso, e Lyft e Uber hanno ottenuto il permesso di lavorare a San Francisco in attesa che vengano decise nuove norme.
Anche le piattaforme di scambio di alloggio hanno i loro bei problemi legali, sotto forma di regolamenti di zona e altre norme che regolano gli affitti temporanei in assenza del proprietario. Molte città americane proibiscono l’affitto per durate inferiori ai 30 giorni se le case prima non sono state ispezionate e autorizzate. Alcuni utenti di Airbnb hanno ricevuto lo sfratto per non aver rispettato le regole imposte dai proprietari. Ad Amsterdam, dove l’affitto di stanze o appartamenti è regolato, le autorità hanno addirittura usato lo stesso sito di Airbnb per scoprire affitti illegali.
A San Francisco, invece, il Comune ha fatto notare che che i siti peer to peer non sono esenti dalla tassa municipale del 15% che si applica agli hotel. Airbnb ha protestato, e il Sindaco, che sponsorizza fortemente l’economia della condivisione, ha promesso una revisione delle norme (che in effetti risalgono al 1961). Nel frattempo a New York un proprietario immobiliare rischia una multa di 30.000 dollari perché i suoi inquilini hanno subaffittato il loro appartamento mentre erano via (una legge del 2010 non consente il subaffitto per meno di 30 giorni, a meno che il titolare non sia presente nello stesso periodo di tempo).
Airbnb, che inizialmente aveva adottato la posizione di scarico delle responsabilità sugli utenti, ora sta facendo marcia indietro, e nell’ottobre del 2012 ha assunto David Hantman, un ex di Yahoo!, come capo del proprio ufficio legale.
Ora Airbnb sostiene di lavorare con i vari governi a livello globale per chiarire e cambiare le leggi che si applicano ai suoi utenti. L’economia condivisa è un tema talmente nuovo da richiedere un approccio legale altrettanto innovativo.