Nell’articolo di commento pubblicato sul Corriere della Sera di sabato 12 settembre (a pagina 17), Dario Di Vico fa il punto sulle recenti performance dell’industria italiana, e su come essa sia ancora troppo dipendente dal settore dell’auto.
Come è semplice immaginare, un’industria dipendente da un solo settore è facilmente esposta al suo andamento, nel bene e nel male.
Nell’articolo Dario Di Vico esamina brevemente i possibili sviluppi del mercato dell’auto nel breve termine (tra cui la sostituzione di un parco vetture mediamente vecchio) e nel medio-lungo, e su quest’ultimo fronte esprime un concetto che mi ha colpito, e che ha a che fare con il mondo del noleggio e del consumo condiviso.
Come si legge nell’articolo:
Il car sharing, ad esempio, sta funzionando bene nelle grandi città e, per quello che sappiamo oggi, non pare un fenomeno temporaneo. Anche se i costruttori guardano con simpatia all’innovazione della vettura condivisa, al computo delle vendite verranno a mancare molte seconde macchine di famiglia, perché i giovani neopatentati sembrano aver abbracciato la causa della sobrietà privilegiando stili di vita estranei all’ostentazione.
In questo articolo il car sharing assurge, dunque, a possibile elemento in grado di incidere negativamente sul numero di auto vendute in Italia. E per farlo, a mio parere, questo vuol dire che deve essere un fenomeno veramente integrato nei comportamenti di tutti i giorni delle persone, o almeno di larghe fasce della popolazione.
E questo mi ha colpito, perché francamente non sono ancora pronto a immaginare uno scenario di questo genere (anche se lo vedo sicuramente di buon occhio, per tanti motivi).
Certo, il car sharing si sta diffondendo nelle principali città italiane, al pari del bike sharing, con numerosi operatori sul mercato. C’è anche chi, come Enjoy, ha esteso il servizio ai motorini.
Ma da qui a essere diffuso così tanto da diventare come, per fare un esempio, oggi lo sono i tablet?
Così usato da avere migliaia di persone (perché di questo stiamo parlando: ne servono migliaia per impensierire i produttori di autoveicoli) che abbandonano l’auto di proprietà per passare solo allo sharing e al noleggio?
Una visione contrarian?
Negli Stati Uniti, nel mondo della finanza, esiste una credenza diffusa.
Quando un certo fenomeno, legato alla Borsa o al mercato finanziario, appare sulla copertina di un giornale o di una rivista, quello è il segnale che quel fenomeno è alla fine, o che si sgonfierà da lì a breve. Nel mondo della finanza americana non si contano le copertine di riviste come Time o Newsweek a proposito di come la Borsa sia destinata a raggiungere livelli record (crollo dopo qualche settimana), il petrolio sia più conveniente che mai (impennata del greggio dopo poco) o l’oro sia destinato a raggiungere valori stratosferici (da lì a poco discesa senza fine delle quotazioni).
Si chiamano, in gergo, copertine contrarian, nel senso che dopo un po’ di tempo avviene esattamente il contrario di quello che c’è scritto.
Ecco, non so, ma a me leggere dell’importanza del car sharing su un giornale di primo piano mi dà quella sensazione lì, che in realtà il car sharing in realtà non decollerà mai.
E voi, cari lettori, che ne pensate?
Il car sharing diventerà finalmente “di moda”, o resterà per sempre un servizio di nicchia?
La questione car sharing non può essere affrontata senza tener conto dell’integrazione con altri servizi legati alla mobilità. Mi spiego meglio, un abitante di una città può prendere in considerazione di non possedere l’auto ma di utilizzarla solo quando serve se nella stessa città, e nell’hinterland, esiste una rete di trasporti pubblici, servizio taxi, bike sharing, ecc. tale da mettere il cittadino in condizione di scegliere il mezzo di trasporto migliore in termini di costi e tempo.
Tutti i cambiamenti funzionano se portano anche dei vantaggi economici.
Nessuno di noi considera il costo dello spostamento con la propria auto utilizzando il calcolo del “costo chilometrico” ma quasi sempre si tiene conto solo del carburante utilizzato che in realtà rappresenta circa il 30% del costo effettivo. Con questi parametri per la maggior parte dei possessori di auto sarebbe più conveniente pagarne solo l’uso e non il possesso.
Esempi come Amburgo e Helsinki dove i consigli comunali hanno deliberato che entro il 2025 non ci saranno più auto private nella città, ma solo auto, bici e moto condivise, trasporto pubblico e taxi mettono in evidenza che il cambiamento avviene solo se la politica fa delle scelte precise a medio e lungo termine. Quindi, a mio parere, il carsharing decollerà, ma la politica deve fare la sua parte.
Il Car Sharing in Italia non decollerà mai! Siamo un Paese sottosviluppato e “quartomondista” in tutto.. Che non lo si voglia vedere o credere è tutta un’altra cosa. Immaginare un massiccio uso condiviso, soprattutto delle auto, con una “politica” dei trasporti o della mobilità come siamo abituati a vedere a Roma o più o meno in qualsiasi altra parte dell’Italia non può che venire da ridere. O piangere. Con le “teste” che ci governano, non fà nessuna differenza!