I sistemi di trasporto pubblico sono ormai presenti in tutte le città del mondo, da quelle dei paesi avanzati a quelle dei paesi in via di sviluppo. E al loro interno ci sono non solo le linee di autobus ma anche i taxi e i sistemi come Uber, Lyft e altri. E se usare questi strumenti può aiutare a rispettare l’ambiente, non si tratta tuttavia di un sistema perfetto: può infatti contribuire a ridurre il numero di auto in circolazione, ma non il numero di chilometri percorsi, e neppure la quantità di inquinamento generata dai motori.
Molto è stato scritto sulle smart city di domani, dotate delle infrastrutture tecnologiche e digitali che possono rendere gli agglomerati urbani più efficienti, più ecologici e salubri. Uno dei modi in cui questo obiettivo può essere raggiunto è sfruttando innovazioni (hardware, ma soprattutto software) progettate per ridurre il traffico.
Secondo i ricercatori dell’MIT, la riduzione del traffico veicolare è una delle sfide più grandi che le città di tutto il mondo devono affrontare. Nei soli Stati Uniti, lo spreco di carburante dovuto al traffico delle 83 città più grandi costa circa 60 miliardi di dollari all’anno. L’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che ogni anno nel mondo più di un milione di morti si possano attribuire a cause collegate all’inquinamento atmosferico, e quindi in parte al traffico veicolare, senza contare le morti per incidenti e gli impatti negativi dal punto di vista economico. Per questo un team di ricercatori ha provato ad analizzare modalità differenti di organizzazione dei sistemi di trasporto come i taxi, per verificare se è possibile ridurre il traffico attraverso la condivisione dei mezzi.
I due principali ostacoli, sociali e psicologici, alla diffusione del car pooling sono il tempo in più che richiede per organizzarlo e la riduzione della privacy, ossia il dover viaggiare con sconosciuti. Durante la crisi petrolifera degli anni ’70, il car pooling prese piede, negli USA e altrove, perché c’era un forte vincolo economico che superava di gran lunga gli altri inconvenienti. Oggi, grazie alla diffusione dell’economia della condivisione, sembra che questi ostacoli possano essere nuovamente superati (in assenza, per fortuna, di un altro shock petrolifero), e sembrano anche esserci le prime evidenze economiche in grado di convincere anche gli scettici.
Uno studio matematico sul trasporto locale
I ricercatori dell’MIT sono partiti da una vera e propria miniera di dati: un archivio contenente tutti i viaggi compiuti nel 2011 dai 13.586 taxi registrati nella città di New York e aventi come destinazione Manhattan. Si tratta di un database, fornito dall’Autorità dei Trasporti della Grande Mela, contenente oltre 150 milioni di tragitti, per ognuno dei quali erano disponibili l’identificativo del taxi, le coordinate GPS dell’origine e della destinazione e il tempo di viaggio.
Analizzando i dati attraverso un modello matematico, i ricercatori hanno scoperto alcune opportunità di condivisione delle corse senza necessità di modificare quelle già partite. Il sistema progettato dai ricercatori prevedeva che la necessità di condividere un viaggio fosse calcolata entro un minuto dalla richiesta del passeggero. Se non esisteva un’opzione di viaggio già esistente da percorrere, allora si dava inizio a una nuova corsa in taxi. In questo modo le cose già esistenti non dovevano essere modificate, ma prevedevano la salita di un altro passeggero solo se i punti di partenza e di arrivo di quest’ultimo erano già lungo la strada della corsa originaria. Anche solo implementando un programma di questo genere, i ricercatori stimano che il traffico a Manhattan diventerebbe più efficiente del 40%.
Oltre a questo, i ricercatori dell’MIT sostengono che il sistema è applicabile anche la città più piccole, con molti meno taxi. Ad esempio, a New York ogni giorno i taxi fanno una media di 400.000 corse. Ma il grosso dell’efficienza si raggiunge anche solo con 100.000 viaggi. Questo significa che un sistema di condivisione dei taxi sarebbe efficiente anche in una città con una domanda di trasporto più piccola di un quarto rispetto a New York.
Il prossimo passo, secondo i ricercatori, è di testare sul campo le loro ipotesi in altre città diverse da New York. Gli algoritmi potrebbero essere ulteriormente raffinati incorporando dati sui tempi di attesa dei taxi e sulla frequenza dei viaggi con uno solo o molti passeggeri.
Una volta compiuto questo passaggio, non resterebbe che individuare dei meccanismi per ripartire in modo equo il costo delle corse tre passeggeri, e ovviamente anche tra questi ultimi e il guidatore.