Airbnb in Italia nel 2015 ha dato lavoro a 98.400 persone (contando anche l’indotto) e generato ricavi complessivi per tutto il sistema turistico allargato pari a 3,4 miliardi di euro. Il mercato italiano è il terzo al mondo: 3,6 milioni di turisti hanno scelto le case e stanze offerte su questa piattaforma nel nostro Paese.
Sono questi i dati principali di un’indagine presentata dalla stessa Airbnb nel corso di una conferenza stampa tenutasi a Roma l’11 maggio.
Sempre secondo la ricerca, nel 2015 gli ospiti italiani che hanno pubblicato le loro proposte di alloggio sono stati 82.900, di cui 20.000 solo a Milano e Roma, le due destinazioni di punta (dove, aggiungiamo noi, nel 2015 c’è stato anche l’effetto EXPO).
In media gli italiani presenti su Airbnb hanno offerto le loro abitazioni per 24 notti, ricavando 2.300 euro. Secondo l’indagine, la maggioranza di queste persone guadagna meno del reddito medio nazionale di 22.000 euro all’anno, e l’87% ha messo sulla piattaforma solo una o due case o appartamenti, segno che l’offerta presente su Airbnb è composta da persone che non gestiscono questa attività come attività professionale, ma che usano il servizio per arrotondare il reddito proveniente da altre fonti.
L’indagine è stata condotta da Sociometrica su un campione di 6.324 ospiti e viaggiatori: un campione quindi significativo se rapportato al numero totale di persone coinvolte.
Una presenza destinata a restare
Risulta molto difficile estrapolare il reale impatto di Airbnb in termini di promozione turistica: ad esempio, non è dato sapere, data la difficoltà di stima di tali dati, quanti di questi turisti sarebbero comunque venuti in Italia soggiornando in strutture più tradizionali, o anche in Bed & Breakfast, se Airbnb non esistesse.
Anche il fatto che questi turisti abbiano speso parte del loro budget complessivo (38%) presso altre attività, al di fuori della casa ospite, non ci dice quanto questo sia un fenomeno tipico solo di Airbnb. E’ infatti vero che se il pernottamento costa meno che in albergo il turista ha più soldi in tasca da spendere in ristoranti, musei, attrazioni e altro; ma per poter valutare l’impatto di Airbnb occorre sapere quali sono i comportamenti di chi va a dormire in albergo, con cui fare confronti. In altre parole, potrebbe benissimo essere che gli stessi turisti, pur soggiornando in albergo, avrebbero speso la stessa quantità di soldi in ristoranti, musei, eccetera.
C’è poi da aggiungere che, nel momento in cui l’ospite offre solo il pernottamento, è obbligatorio per il turista spendere per mangiare fuori casa i suoi tre pasti quotidiani: a livello di famiglie ospiti questo ha un impatto rilevante, ma nel complesso dell’economia italiana si tratta semplicemente di decidere se vogliamo che il turista mangi in albergo (almeno la colazione e la cena, in caso di mezza pensione) o nei ristoranti del circondario.
Tuttavia, a prescindere dai dubbi e dalle valutazioni sull’efficacia di Airbnb su un ambito turistico più allargato, è indubbio che questa piattaforma ha decisamente preso piede anche da noi, ed è uno dei casi più eclatanti di successo della sharing economy nel nostro Paese.