Recentemente sul sito della Banca d’Italia è stato pubblicato uno studio condotto sui dati provenienti dalle indagini sulla ricchezza delle famiglie nel periodo 2006-2012. Lo studio ha come oggetto l’impatto del rapporto tra mutuo e valore dell’immobile (loan-to-value ratio, LTV).
Come molti sanno, la crisi del 2008-09 ha spinto le banche a chiudere i rubinetti del credito, e questo ha peggiorato le condizioni delle famiglie italiane. Questo studio lo conferma: è scesa la quota di famiglie che beneficiano di LTV relativamente elevati ed è salita quella delle famiglie che, pur potendo permettersi di sostenere comunque un mutuo, hanno dovuto accettare un LTV inferiore. La capacità di accedere a un mutuo è peggiorata soprattutto per le famiglie delle classi di reddito medio-basse e la diminuzione dei LTV nel periodo in esame è dipesa principalmente dalle condizioni di offerta.
L’indice LTV è un parametro fondamentale nell’analisi del credito: a valori molto alti corrisponde un mercato potenziale più ampio per i mutui, ma anche maggiori rischi che il cliente della banca non riesca a ripagare tutte le rate (che a parità di durata del mutuo sono di importo più elevato). Viceversa, un LTV basso pone subito un onere sulle spalle dell’acquirente (a causa dell’anticipo più elevato), ma rende più facile pagare le rate a regime. Nel valutare tutte le conseguenze (anche in termini di politiche pubbliche) occorre quindi tenere presente sia l’importo delle rate del mutuo che la quantità di soldi che i mutuatari devono sborsare come anticipo.
Lo studio della Banca d’Italia mostra come durante la crisi i mutui non siano diventati più sostenibili grazie al comportamento delle banche, ma solo grazie alla riduzione dei tassi di interesse che si è avuta dopo il picco della crisi.
Come in altri paesi, la riduzione dei LTV è stata una conseguenza delle politiche bancarie, mentre le preferenze delle famiglie sono rimaste invariate (in altre parole, le famiglie avrebbero preferito mutui più generosi come percentuale del valore dell’immobile coperta dal prestito). Questo vincolo di budget ha costituito un ostacolo specialmente per quei gruppi di famiglie (a basso reddito, giovani e in affitto) che avrebbero maggiormente bisogno di un prestito per costruire nel tempo la propria casa e la propria ricchezza. La conseguenza per il mercato immobiliare, sia usato che nuovo, è stato un allontanamento di alcuni segmenti di clientela interessanti per i costruttori del residenziale.
Se poi si cerca di escludere (come fa lo studio) il ruolo dei trasferimenti di ricchezza tra generazioni (ossia l’aiuto finanziario che i genitori, se possono, danno ai figli che comprano casa), l’impatto della crisi è ancora più forte.
Infine, differenti politiche che possono influenzare l’accesso al mercato dei mutui hanno effetti eterogenei sia nell’ampliare la partecipazione delle famiglie al mercato sia nel promuovere politiche di prestito meno rischiose. Un contributo economico a tutte le coppie, ad esempio, rende sostenibile un mutuo a prescindere da quanto valore dell’immobile esso copre. Se invece si sceglie di praticare tassi agevolati a certi segmenti di mercato, questi valgono solo per i mutui con LTV elevati. Questo mette in forse, quindi, la validità delle politiche solitamente applicate alle giovani coppie, cioè quella dei tassi agevolati: se i giovani devono tirar fuori un anticipo corposo, avere uno sconto del tasso di interesse è sicuramente gradito, ma non quanto un aumento dell’importo del mutuo.
La speranza è che le recenti mosse della BCE spingano sempre di più le banche a concedere credito alle famiglie (e alle aziende, se è per quello), e che il credito arrivi attraverso un aumento degli indici LTV. A giudicare dalle pubblicità questo obiettivo non sembrerebbe pienamente raggiunto, ma è anche vero che le banche possono agire su un’altra leva (spesso utilizzata in senso opposto): la perizia dell’immobile, dove una valutazione più generosa può avere effetti paragonabili a quelli di un LTV più elevato.