Divertente, amichevole, collaborativo, produttivo. Anche per coloro che non sono consulenti, freelance o imprenditori in fase di start up questi sono i pregi di uno spazio di coworking rispetto a quelli tradizionali. Secondo l’ultima indagine Global Coworking Survey condotta da Deskmag, il 71% degli intervistati ha sperimentato un aumento del proprio spirito creativo, e il 62% sostiene che i suoi standard di lavoro sono migliorati. Quasi il 90% ha sperimentato un aumento dei livelli di fiducia in sé stessi e il 70% si sente più in salute di quando lavorava in un ufficio tradizionale. Il 64%, infine, si ritiene maggiormente in grado di completare i propri compiti in modo puntuale.
Secondo l’indagine, inoltre, metà di chi sfrutta uno spazio di coworking lo fa con orari ampi, e solo il 30% durante i normali orari di lavoro. Secondo il CEO di Regus (una delle società che offrono servizi di questo tipo, quindi, sia ben chiaro, un soggetto interessato dal loro sviluppo) il lavoro in futuro sarà organizzato non in base allo spazio o al tempo, ma al compito che ogni individuo dovrà svolgere e al risultato da conseguire. I lavoratori saranno valutati in base ai risultati conseguiti e non alla quantità di tempo speso alla scrivania. Di conseguenza, le aziende dovranno fornire un’ampia gamma di posti in cui lavorare a una forza lavoro diversificata con esigenze specifiche.
Questo è uno dei motivi per cui metà delle prime 500 società americane si rivolgono a Regus o ad aziende simili. Regus, in particolare, offre spazi di lavoro flessibili a più di un milione di persone ogni giorno in tutto il mondo.
Tra i vantaggi del coworking per le aziende c’è la possibilità di provare gradualmente l’entrata in nuovi mercati geografici con minori costi e minori rischi. La flessibilità del lavoro fino a pochi anni fa era tipica solo di pochi settori, come le agenzie di marketing e pubblicità o l’IT: oggi invece è caratteristica di gran parte dell’economia dei servizi, specialmente in momenti in cui è necessario ampliare il proprio mercato di riferimento. Sempre nel caso di Regus, esiste un elevato numero di agenzie immobiliari che, paradossalmente, usano spazi di coworking e uffici a tempo per dare spazi di lavoro ai propri agenti che operano in mobilità.
In generale va comunque sottolineato che, soprattutto negli USA, il panorama degli utenti del coworking è spesso composto da persone con un background simile, ossia appartenenti al mondo delle start up o delle PMI: nel momento in cui si trovano negli spazi comuni queste persone hanno quindi facilmente molti punti in comune, almeno dal punto di vista culturale. Questo poi si traduce in molti casi nello scambio di idee e opinioni tra addetti di aziende diverse, o addirittura nel supporto o nella consulenza reciproca.
Quest’ultimo aspetto è proprio uno dei vantaggi su cui è stata costruita l’offerta di uno spazio di coworking di Brooklyn, il Secret Clubhouse. Dedicato espressamente a chi ha lanciato una start-up, questo luogo offre a chi vi lavora la possibilità proprio di entrare in contatto con altri neo-imprenditori. Durante l’uragano Sandy, questo spazio è stato preso d’assalto da molti giornalisti e programmatori di siti come Gawker, Foursquare, Tumblr e Vimeo, i cui uffici erano rimasti senza elettricità. Ora la struttura non è piena come allora, ma i contatti con la comunità tecnologica di New York sono rimasti, e chi vi lavora può sfruttarli ad esempio anche attraverso presentazioni e incontri organizzati appositamente. I clienti sono anche incoraggiati a condividere con gli altri l’eventuale ricerca di personale.
Tra gli altri vantaggi che uno spazio di coworking può offrire ci sono quelli legati ai servizi accessori. Il Pike Powers Commercialization Lab, ad esempio, è un laboratorio sulle nuove tecnologie aperto a Austin (Texas) da un organismo non profit per lo sviluppo delle tecnologie relative alle reti energetiche, l’IT, le energie rinnovabili e la cura della salute. Lo spazio offre alle PMI del settore la possibilità di usare strumenti di laboratorio molto costosi, che queste ultime non potrebbero permettersi di acquistare da sole. Il meccanismo, in Italia, sia pure in un contesto sociale differente, è stato adottato dai “Fab Lab”, laboratori e centri di scambio di idee e di formazione rivolti ai giovani, che mettono a disposizione spazi e strumenti (ad esempio, stampanti 3D) a cui i giovani difficilmente avrebbero accesso con le sole proprie forze.
Nel caso del laboratorio condiviso di Austin, uno dei problemi più rilevanti sarà paradossalmente limitare uno dei vantaggi del coworking, ossia garantire la privacy dei lavoratori ed evitare che eventuali segreti industriali vengano divulgati. Per questo le strutture sono controllate con sistemi di sicurezza specifici, come i sistemi di accesso con lettura delle impronte digitali o la cancellazione automatica dei dati dai PC condivisi.
Un trend per il futuro?
Molti elementi (anche al di là delle ricerche e delle opinioni degli addetti ai lavori) spingono a ritenere che la flessibilità dei modi e dei tempi di lavoro sia un beneficio a cui sempre più lavoratori, specialmente quelli più giovani, si stanno abituando, sempre a patto che questo porti davvero a un migliore bilanciamento tra orari di lavoro e vita privata. Quando questo succede, aumenta la soddisfazione e si riduce lo stress da lavoro.
Il coworking sembra quindi destinato ad avere un posto ben preciso nell’evoluzione futura dei rapporti di lavoro.
Quando leggeremo anche statistiche su come le aziende hanno ridotto le dimensioni dei propri uffici e spazi lavorativi, risparmiando, sapremo che il coworking sarà davvero entrato a pieno titolo nel novero degli strumenti organizzativi strategici per le imprese moderne.