Articolo di Marco Prosperi, direttore Assodimi-Assonolo
All’ultimo congresso Assodimi la maggioranza degli intervenuti è rimasto piuttosto interdetto nel vedere i dati della Sharing economy e di come questa stia soppiattando aziende, prassi e modus operandi, creando una nuova forma di concorrenza alla Old economy in maniera quasi inaspettatamente “ingiusta” (o prevedibilmente “ingiusta”). L’idea è una delle più semplici, sempre esistita, già utilizzata dai nostri nonni e quasi in contrapposizione alla realtà economica che siamo abituati a vivere adesso, semplicemente gli è stato cambiato nome e lavora a stretto contatto con le nuove tecnologie.
- Io ho un oggetto o un servizio.
- Tu ne hai bisogno.
- Io te lo fornisco.
- Tu mi retribuisci in qualche modo.
- Tu mi fai pubblicità indiretta con le tue opinioni su di me.
- Io parlo di come mi sono trovato con te.
Questo automatismo è stato alla base dei baratti (transazioni più o meno “economiche”) nei quartieri, piccole realtà, eccetera, in tutti i livelli (dallo scambio di un trapano, al prestito dell’auto, alla fornitura di oggettistica o servizi vari). Prendiamo ora questo automatismo e facciamolo funzionare in tutto il mondo insieme ad altri migliaia di automatismi simili o complementari. Impossibile da pensare? Eppure è già reale e attivo in alcune forme.
Il nostro paese non ha una situazione economica, legislativa e burocratica semplice per le imprese, ma all’interno di quel groviglio di norme è facile che prolifichino nuovi sistemi che permettano comunque di far girare i soldi (o i prodotti o i servizi). L’accoppiata con i social media ha permesso di creare community con collegamenti in ogni parte del mondo (o se vogliamo restringere in ogni singola parte dell’Italia, digital divide permettendo) con utenti molto attivi che contribuiscono generando contenuti utilizzabili da chiunque. “Dalla piccola bottega, al supermercato, al centro commerciale, all’iperstore e oltre senza nessun confine.”
Dobbiamo difenderci? Dobbiamo sfruttare? Dobbiamo convivere? Dobbiamo ascoltare in modo passivo o attivo? Dobbiamo collaborare?
Difenderci: da soli è impossibile, dipende dal legislatore ma forse siamo già in ritardo e sarebbe anacronistico farlo. In questi giorni il fondatore di Airbnb ha dichiarato che la loro struttura è in grado di configurarsi con oltre 700 sistemi fiscali diversi.
Convivere: sì, ma anche guardare avanti perché la velocità con cui sono create nuove interfaccia di economia collaborativa è molto veloce. I voli low cost hanno fatto la rivoluzione nel traffico aereo con tariffe calcolate just in time, obbligando i vecchi sistemi ad adattarsi, e ora nascono sistemi come Flixbus che permette di spostarsi in Europa a costi quasi ridicoli, se si accetta di impiegare più tempo e conoscere la cifra del viaggio solo quando tutti i posti a sedere saranno assegnati. Tutto questo in cambio di un viaggio comodo, al passo delle nuove tecnologie con caricabatteria USB sul seggiolino e WiFi illimitata durante il viaggio.
Collaborare: è il sistema migliore, entrare anche noi in questo enorme gioco con le stesse armi (magari qualcuna spuntata), partendo dalle retrovie, studiamo le regole e portiamo a segno qualche mossa vincente.
Sfruttare: il più possibile, diventando proattivi dobbiamo essere presenti riuscire ad adattarsi (continuamente) e spostare l’asta verso il nostro prodotto/servizio (il prezzo è uno dei tasselli più grandi ma non l’unico e non il più importante!). E’ disarmante tutto questo, ma se vi mettete a pensare in maniera distaccata, anche il noleggio in un certo modo ha creato una rivoluzione per chi era abituato solo a vendere; dobbiamo passare al concetto di “noleggio 2.0” e stare un passo avanti.
Quali risorse predisporre (che non fanno mai male a un’impresa di noleggio)?
- Tecnologia
- Comunicazione
- Aggregazione
- Innovazione
- Diversificazione
Non stare solo a guardare e commentare, ma entrare in maniera proattiva nel gioco. Non mi sono dimenticato di concetti quali la sicurezza, la legislazione, la burocrazia, i pagamenti certi, eccetera, ma questi devono essere messi nel piatto in un secondo momento, d’altronde “il bottegaio di quando ero piccolo mi diceva di non andare al supermercato perché lì sicuramente non era igienico e non avrebbero retto”.