Uber deve affrontare un gruppo di avversari che sembra aumentare di numero ogni giorno che passa: autorità di vari paesi, tassisti arrabbiati, giornalisti ostili e, ovviamente, i suoi concorrenti. Ma la minaccia più temibile potrebbe incredibilmente arrivare da uno dei suoi stessi investitori: Google.
Google Ventures, il braccio di Google nel campo del venture capital, ha investito in Uber 258 milioni di dollari nel 2013, e altre risorse ancora nel 2014. In queste occasioni sembrava quasi scontato comprendere i motivi dell’investimento, e magari anche ipotizzare un futuro acquisto di tutto il capitale da parte di Google.
Ma ora aumentano invece i segnali di competizione tra le due aziende. Google sembra in procinto di lanciare il suo servizio di car sharing peer-to-peer, e sta lavorando al suo progetto di automobili senza autista. Per quanto riguarda il primo punto, il colosso di Mountain View ha smentito che si tratti di un concorrente di Uber, ma che è solo un’App usata internamente dai dipendenti per fare car pooling.
Non é che nel frattempo Uber stia con le mani in mano: ha infatti iniziato una collaborazione con la famosa università Carnegie Mellon per creare un centro di ricerca sui veicoli senza guidatore.
Google non fa mistero dei suoi piani per rivoluzionare il mondo dei trasporti con veicoli autonomi. Il fondatore e CEO Larry Page si é sempre detto personalmente affascinato dalla sfida di far funzionare le città in modo più efficiente. Google ha ammesso di avere auto senza guidatore in fase di sviluppo nei suoi laboratori (chiamati Google X), con piani di lancio da qui a massimo 5 anni.
All’inizio di quest’anno, alla Fiera dell’Auto di Detroit, Chris Urmson, il responsabile del progetto, ha illustrato uno scenario in cui veicoli senza guidatore girano per i quartieri per prendere e scaricare i passeggeri per portarli da un posto all’altro. Veicoli condivisi, ovviamente.
Queste dichiarazioni hanno ovviamente lasciato interdetti i manager di Uber, e stupirebbe il contrario. Innanzitutto, Google é un concorrente temibile, ricco di risorse finanziarie e tecnologicamente all’avanguardia. In secondo luogo, Uber si basa sulle mappe di Google per gestire il proprio servizi, il che dá in cambio a Google una miniera di informazioni sul traffico nelle città (in aggiunta a quelli che arrivano da chi usa Google Maps come navigatore satellitare): le alternative, se Uber dovesse scaricare il suo fornitore, non sono altrettanto buone.
L’ingresso di Google nel mercato del car sharing priverebbe inoltre Uber di un partner proprio nello scenario in cui le auto senza guidatore dovessero prendere piede. Uber dovrebbe sviluppare questa tecnologia da sola, come lascia intendere proprio la partnership con la Carnegie Mellon, oppure rivolgersi ad aziende come Audi, Mercedes o Tesla, che si dice stiano lavorando in quella direzione (anche se non é chiaro a che punto siano).
Travis Kalanick, il CEO di Uber, ha già pubblicamente detto nel 2014 di ritenere inevitabile che in futuro arrivino taxi senza autista (come quelli del film Atto di Forza, ma magari meno pittoreschi): il costo di Uber non é tanto, infatti, quello della vettura, ma del suo guidatore. Se togli questo costo, calano drasticamente le tariffe, e usare un’auto di Uber diventa assolutamente più economico che possedere la propria.
Ci sarebbe poi un altro segnale della frattura in campo tra Uber e Google: quest’ultima ha annunciato di aver aperto il suo servizio Google Now (che mostra informazioni utili sugli smartphone Android su cui é installato) ad applicazioni di terze parti. Nell’elenco di quelle abilitate ci sono ad esempio Pandora, Airbnb, Zillow, ma non Uber. Anzi, c’è il suo diretto concorrente Lyft.
Se tuttavia una cosa é certa, è che questi sviluppi non sono il massimo dal punto di vista dell’immagine. Chiunque vinca tra Google e Uber, il messaggio per i suoi autisti sembra essere: venite a guidare per noi, finché potete…