Questo è il terzo di una serie di post dedicati agli errori cognitivi, scorciatoie mentali o forme di semplificazione con cui facciamo fronte a un mondo complesso e incerto, ma rischiamo di commettere errori anche gravi. Riducendone l’impatto possiamo cercare di prendere decisioni migliori, sul lavoro e nella vita di tutti i giorni. La scorsa settimana ci siamo occupati dell’euristica della disponibilità, e quella prima dell’effetto ancoraggio.
Oggi invece parliamo dell’effetto gregge.
Questo effetto, definito anche “effetto carrozzone” (dal nome inglese, bandwagon, che indica il carro su cui sta la banda durante le sfilate) è il fenomeno per cui le persone compiono alcuni atti o credono in alcune cose solo perché lo fa la maggioranza della gente.
In altre parole, l’effetto gregge è caratterizzato dal fatto che la probabilità che qualcosa venga adottato o creduto aumenta al crescere della percentuale di persone che già lo fanno. Man mano che la gente crede sempre di più in qualcosa, altri “saltano sul carro” a prescindere dal fatto che quel fenomeno sia dimostrato o meno.
Questo effetto può essere dovuto a una innata preferenza per la vita di gruppo (e quindi dalla volontà di non sentirsi esclusi da esso) o dalla naturale tendenza delle persone a raccogliere informazioni presso gli altri. Entrambe queste motivazioni sono state usate in passato per spiegare questo tipo di conformismo, dimostrato in molti esperimenti psicologici.
Quando si manifesta l’effetto-gregge
Il campo di applicazione probabilmente più noto di questo effetto è quello politico. Alcune persone tendono a farsi influenzare dai risultati previsti delle elezioni e a scegliere di conseguenza il candidato o il partito che sembra avere maggiori possibilità di successo, anche quando questo non comporta l’ottenimento di benefici diretti.
Questo è il motivo per cui in molti paesi è vietato pubblicare i risultati degli exit poll prima che si sia ufficialmente concluso l’orario di voto, e anche uno dei motivi alla base della notorietà (ai limiti dell’ossessione) per i sondaggi sulle elezioni con cui si monitora l’andamento delle intenzioni di voto.
In campo economico, invece, l’effetto gregge descrive l’interazione tra domanda e preferenze. Questo effetto si rivela quando le preferenze della domanda per un bene aumentano al crescere delle sue vendite, fenomeno alla base di molte tendenze della moda.
Questa interazione può disturbare il normale funzionamento dei rapporti tra domanda e offerta, che si basano sull’assunto che le persone scelgono i prodotti solo sulla base del prezzo (maggiore domanda man mano che i prezzi scendono) e delle loro preferenze. A causa dell’effetto gregge, al crescere del prezzo di un bene, esso diventa più esclusivo, e quindi aumenta il desiderio di chi non lo possiede di averlo, per entrare a far parte di questo gruppo. Questa tendenza spiazza completamente gli economisti che, basandosi sul solo concetto di homo economicus super-razionale, direbbero che tali fenomeni non possono esistere.
In campo finanziario si tratta del fenomeno alla base delle bolle speculative, quando tutti gli investitori acquistano uno o più titoli (come avvenne nella bolla della new economy), seguendo il mercato senza domandarsi se la crescita continua sia giustificata dai fondamentali delle aziende.
Un altro campo in cui l’effetto gregge e il pensiero di gruppo possono essere deleteri è quello dei piccoli gruppi nelle aziende, che spesso possono commettere errori anche gravi perché implicitamente tutti i membri aderiscono allo stesso modo di pensare. Si tratta di un fenomeno assimilabile al “pensiero di gruppo” (group think), che in genere avviene perché le persone privilegiano l’armonia e la condivisione dei punti di vista piuttosto che rischiare di creare conflitti. Il group think porta a evitare punti di vista alternativi o informazioni che possono mettere in crisi il sentire comune dei membri.
Quando ci può capitare
Inutile dire che nella vita quotidiana siamo spesso influenzati da questo effetto, o rischiamo di esserlo. Per esempio, potremmo essere invogliati ad acquistare un prodotto tecnologico per la sua popolarità, senza domandarci se in realtà ne abbiamo davvero bisogno (o peggio, se ce lo possiamo permettere). Questo potrebbe essere un vantaggio per le aziende, nel momento in cui riescono a creare un fenomeno di questo genere per i propri prodotti o servizi.
Alcune aziende puntano proprio su questo comportamento umano per prosperare: ne sono un esempio i servizi come Groupon (dove la popolarità di un’offerta spinge a raggiungere più facilmente la sua soglia di attivazione) o Kickstarter (dove le proposte più popolari hanno maggiori possibilità di superare la soglia di investimento richiesta dalla start-up). La stessa Amazon usa le recensioni per spingere i clienti a fare i propri acquisti sulla base delle scelte fatte da molti altri acquirenti.
Un tempo questi consigli venivano dati dai commessi più bravi (“ne stiamo vendendo tantissimi, questa gonna piace a tutti”): oggi con le tecnologie del web è possibile proporli in modo automatico a tutti.
Non stupisce quindi che, sui social media, spesso le aziende prendano il numero di follower come l’indicatore più importante del proprio successo (e qualcuno anzi bari su questo numero acquistando seguaci fasulli).
I rimedi contro questo errore
Quando si lavora in team, un modo per evitare l’effetto gregge e il pensiero di gruppo è quello di assegnare, magari di volta in volta a una persona diversa, il ruolo di “avvocato del diavolo“, ossia di bastian contrario che deve, per definizione, impegnarsi a criticare quello che si sta facendo e provare a individuare possibili errori o rischi a cui gli altri non pensano.
Al contrario, va però aggiunto che questo effetto, come detto, se da evitare nei propri comportamenti, potrebbe invece essere un valido alleato ad esempio sul fronte del marketing e delle vendite. La proposta di casi genuini di successo dovuti all’uso dei nostri servizi (testimonial) è infatti un potente strumento di marketing per convincere altri a diventare nostri clienti.