Questo è il sesto di una serie di post dedicati agli errori cognitivi. Negli articoli precedenti abbiamo visto errori cognitivi come il pregiudizio di conferma, l’effetto gregge, l’euristica della disponibilità, o l’effetto ancoraggio.
Nel post di oggi parliamo della fallacia dello scommettitore.
La fallacia dello scommettitore è l’errata convinzione che eventi occorsi nel passato influiscano su quelli futuri, quando in realtà questi dipendono per lo più dal caso, come capita ad esempio in alcuni sport e in molti giochi d’azzardo.
Questa espressione descrive quindi una errata convinzione, come ad esempio il fatto che un evento possa verificarsi con maggiore probabilità perché è molto tempo che non si realizza, oppure perché si è appena verificato di recente. Il ragionamento (sbagliato) vale ovviamente anche al contrario.
Se leggendo le frasi appena sopra vi sono venuti in mente quelli che giocano al lotto o al Superenalotto sempre la stessa combinazione di numeri, perché prima o poi deve uscire, avete perfettamente capito a che cosa mi riferisco. Nel gioco del lotto, ad esempio, c’è tutta una teoria “scientifica” sui ritardi dei numeri nelle varie ruote, basata sul fatto che “prima o poi” un certo numero deve uscire, e che più sono le estrazioni in cui non appare, più è probabile che esso esca la prossima volta.
In realtà non esiste nessuna influenza delle estrazioni precedenti su quella attuale: la probabilità che un numero esca è sempre la stessa, giocata dopo giocata. Così come non esiste nessuna influenza delle performance precedenti di uno sportivo (ad esempio, i tiri di un giocatore di basket) sulle probabilità che azzecchi anche la prova successiva. Nel mondo dello sport è tuttavia diffusissimo il fenomeno della cosiddetta “mano calda”, per cui è probabile che chi ha segnato diversi punti negli ultimi minuti sia in una sorta di stato di grazia, per cui segnerà più facilmente al prossimo tentativo.
Quando si manifesta
La fallacia dello scommettitore si può manifestare tutte le volte che valutiamo eventi di ampia portata basandoci su un sottocampione di questi ultimi. Tra gli esempi documentati ci sono non solo lo sport e il gioco d’azzardo, ma anche ad esempio l’analisi dei punti di Londra in cui è caduto il maggior numero di bombe durante la seconda guerra mondiale (miracolo! Una certa chiesa è sempre stata risparmiata), o l’analisi dell’andamento dei titoli di borsa.
In tutti questi casi tendiamo a vedere delle tendenze ben precise quando queste non ci sono, e i fenomeni sono del tutto casuali.
In campo economico non è raro vedere investitori che continuano a mantenere in portafoglio titoli in rosso invece di tagliare le perdite, nella convinzione che dopo la continua serie di cali essi non possano che risalire. Analogamente può succedere che un’impresa di noleggio mantenga in flotta macchine poco noleggiate, nella speranza di vederne risalire i tassi di utilizzo, invece di rendersi conto che cederle come usato farebbe aumentare la liquidità aziendale.
Oppure che mantenga in atto una campagna promozionale o di comunicazione che non sta dando risultati, nella convinzione che dovrà prima o poi funzionare.
Un altro campo è quello dell’analisi medica sulla distribuzione dei casi di cancro. Non è impossibile né raro trovare che in una certa area un certo tipo di cancro si manifesta con maggiore frequenza. Tuttavia anche una frequenza di 6 o 7 volte superiore al normale è da considerarsi possibile, e non deve generare allarme. Ben altro è il caso di incidenti noti e drammatici: la presenza di persone malate di cancro nelle vicinanze di Chernobyl è di 100 volte superiore al normale.
Se si combinano gli effetti della fallacia dello scommettitore con quelli del pregiudizio di conferma, il risultato può essere tragicamente sbagliato. Si comincia col vedere una correlazione e una tendenza in atto partendo da fenomeni completamente scollegati, e si cercano prove a sostegno della propria convinzione, scartando invece tutte quelle che la negano.
I rimedi contro questo errore
E’ naturale vedere collegamenti e tendenze quando non ce ne sono. Purtroppo è ancora più vero per i giocatori d’azzardo, spesso alla disperata ricerca di un metodo per “battere il banco” e gli altri giocatori.
In fondo la capacità di analizzare fenomeni legati tra loro e vederne il quadro complessivo è anche un pregio.
Tuttavia dobbiamo anche imparare a difenderci da questo errore cognitivo. Il primo modo per farlo è studiare alcuni concetti, anche basilari, sulla probabilità.
Il secondo è mettere in dubbio le tendenze che ci sembra di osservare, specie se queste ci vengono proposte da qualcuno che ne può trarre beneficio. E programmare la propria attività pensando non solo a che cosa può succedere se l’apparente trend prosegue, ma anche e soprattutto a cosa ci accadrebbe se smettesse di punto in bianco.
Ciao Oliviero
mi sono sempre riproposto di commentare questi tuoi post sugli errori cognitivi ma poi, la contingenza del quotidiano casino, mi ha fatto desistere.
Rubo quindi cinque minuti ai miei impegni odierni per farti i miei complimenti, veramente ben fatti e molto ben divulgati, una pillola al giorno, li hanno resi né pesanti né indigeribili.
Da parte mia, per chi volesse approfondire, consiglio le letture di Nicholas Taleb e di Karl Popper.
Se magari hai tempo e ti va di prolungare la scia di questi articoli, si potrebbe collegare a quest’ultimo errore cognitivo; la fallacia dello scommettitore, il filone del complottismo che, nel nostro paese, trova terreno particolarmente fertile.
Il complottismo, se vuoi, può essere considerato la versione elaborata della fallacia dello scommettitore; in quest’ultimo tendiamo sempre a vedere una consecutio nelle serie di avvenimenti, come dice giustamente il tuo articolo, nel primo invece cerchiamo sempre un motivo, una causa, un mandante ad accadimenti e fatti che sono casuali o che hanno comunque delle spiegazioni troppo semplici per essere vere.
Comunque e ripeto, grazie per averci fatto staccare cinque minuti al giorno dal nostro mondo di insoluti e nafta, a presto.
Grazie mille Paolo,
Sul tema del complottismo, in cui tutti noi possiamo cadere, come opinione pubblica ma anche sul posto di lavoro, io cerco sempre di applicare, se possibile, il cosiddetto “Rasoio di Hanlon” (dal nome dell’autore che sembra aver coniato questa frase), ovvero:
“Non attribuire mai a malafede (o a complotti) quello che si può tranquillamente spiegare con la stupidità”
Mi è già capitato diverse volte di verificare nel concreto che questa massima funziona…
Grazie ancora
Oliviero