Dopo una pausa di qualche settimana riprendiamo la nostra serie di post dedicati agli errori cognitivi. Nelle settimane precedenti ci siamo occupati:
- del pregiudizio di conferma;
- dell’errore di rinforzo delle scelte;
- dell’effetto gregge;
- dell’euristica della disponibilità;
- dell’effetto ancoraggio.
Il pregiudizio sullo status quo (status quo bias) è un errore cognitivo che consiste nella preferenza per la situazione attuale rispetto ad altre possibili. La situazione attuale viene presa come punto di riferimento, e qualsiasi mutamento viene considerato una perdita. Questo ovviamente non in termini oggettivi, quando è chiaro che un cambiamento porterebbe problemi, ma in generale in condizioni di incertezza o in presenza di fattori di varia natura da considerare.
Nel campo della psicologia cognitiva questo effetto è stato dimostrato in numerosi studi basati su questionari con domande che replicavano situazioni in cui occorre prendere una decisione. Nei casi in cui le domande erano formulate prevedendo una situazione di partenza (status quo) i partecipanti tendevano a mantenerla, diversamente da quando tale opzione non era menzionata.
Uno dei primi casi reali documentati di questo effetto riguarda le assicurazioni sulle auto negli USA. All’inizio degli anni ’90 in New Jersey e in Pennsylvania fu modificata la legislazione sulle assicurazioni, prevedendo una polizza base molto costosa che consentiva di citare in giudizio l’assicuratore e una poco costosa, che consentiva di farlo solo in modo limitato. Nel New Jersey, dove l’opzione più economica era quella di default, la maggior parte dei cittadini scelse quella. In Pennsylvania, al contrario, l’opzione predefinita era quella più costosa, e quella fu la scelta di quasi tutti gli assicurati.
Effetti simili sono stati riscontrati nel campo dei piani pensionistici, delle opzioni della privacy su Internet e della scelta se donare i propri organi (dove, come si può immaginare, la scelta di impostare come default la donazione può contribuire in questo modo a salvare migliaia di vite umane).
Il pregiudizio sullo status quo viene attribuito a una combinazione della naturale avversione alle perdite sommata al cosiddetto effetto-dote. Quando scegliamo tendiamo infatti a valutare di più le potenziali perdite (monetarie o immateriali) che non i guadagni possibili. Tuttavia sembra che ci siano anche altri motivi oltre all’avversione alle perdite: il pregiudizio sullo status quo agisce infatti anche in casi “innocui”, come la scelta del colore di una macchina nuova. Tra le altre motivazioni della preferenza per lo status quo ci sono anche l’avversione al rimorso, i costi di transazione e il coinvolgimento personale.
Nel caso del cambio di contratto telefonico (o di energia elettrica), ad esempio, si tendere a rimanere con il fornitore abituale, anche magari in presenza di un contratto non ottimale, per paura di prendere una fregatura e per i costi del cambio (tempo speso per le volture, rischio che la fornitura del servizio salti nel passaggio da un operatore all’altro e così via).
Anche per questo, ad esempio, alcune banche, obbligate per legge a offrire la portabilità di mutui e conti correnti, hanno preso la palla al balzo offrendo, almeno a parole, di sobbarcarsi loro tutti i costi di trasferimento: in questo modo eliminano una delle barriere al cambiamento che favorisce lo status quo.
Quando ne siamo vittime
Oltre ai casi già menzionati sopra, questo errore cognitivo si manifesta in molte situazioni.
In politica, inoltre, la preferenza per lo status quo è un elemento fondamentale alla base dell’ideologia conservatrice. È inoltre un elemento che in genere favorisce la parte politica al governo o riduce le possibilità di approvazione dei referendum basati su quorum. Non stupisce che in genere le parti politiche interessate a far fallire un referendum tendano a farlo tenere in momenti poco propizi o lontano da altre consultazioni (in cui la gente andrebbe più facilmente a votare): in questo modo creano un ulteriore ostacolo a favore dello status quo.
In campo economico, scelte basate sul pregiudizio per lo status quo influenza ad esempio il mantenimento nel tempo di piani o fondi di investimento non più adatti al profilo dell’investitore.
Nell’attività di noleggio, questo pregiudizio costituisce un importante fattore di ostacolo alla vendita ai nuovi clienti. Specialmente quando la condizione attuale è sensibilmente ingranata nelle nostre abitudini di tutti i giorni, diventa difficile smuovere il favore per lo status quo. E’ probabilmente uno dei fattori (anche se non l’unico) alla base della prevalenza di formule come l’acquisto rispetto al noleggio, nel campo ad esempio delle autovetture.
Non a caso sembra che tra i soggetti più favorevoli allo sviluppo di formule come il noleggio e la sharing economy siano i giovani (in particolare i cosiddetti millennial, nati a cavallo tra il secolo scorso e l’attuale) che hanno potuto sperimentare non solo la tradizionale formula del possesso della casa o della macchina, ma anche altre modalità di uso, e che per questo sono più aperti al cambiamento della situazione presente.
Come riconoscerlo e ridurlo
Uno degli strumenti più efficaci per ridurre il pregiudizio sullo status quo è costituito dal test dell’inversione. Questo test funziona più o meno così: quando riteniamo che una scelta che richiede un cambiamento sia deleteria e quindi si debba restare nella situazione attuale, proviamo a immaginare e valutare una scelta analoga ma contraria. Se anche questa ha conseguenze negative, allora perché la scelta iniziale non può avere invece effetti positivi?
Ad esempio, supponiamo di dover valutare l’acquisto di nuove macchine da offrire a noleggio, ma di ritenere che questa azione avrebbe conseguenze negative. E’ una decisione ragionata o siamo semplicemente influenzati dal pregiudizio sullo status quo? Per saperlo è possibile provare a immaginare lo scenario opposto, ossia una riduzione della flotta a noleggio.
Se anche una riduzione della flotta ci sembra una scelta sbagliata, allora la domanda che sorge spontanea è: non è che forse qualche macchina in più ci potrebbe fare comodo?
La logica alla base del test dell’inversione è che certi elementi e decisioni ammettono una serie molto ampia di situazioni e scelte (nel nostro caso, dal non avere alcuna macchina a noleggio ad averne migliaia): solo un numero molto ridotto di casi presenta la situazione perfetta e ottimale. E’ quindi altamente improbabile che proprio la nostra situazione attuale sia lo scenario perfetto: molto probabilmente qualche cambiamento potrebbe migliorarla.
Questo ovviamente non significa che si deve cambiare sempre per il mero gusto di farlo. Il bello del test dell’inversione è proprio questo: se il test “regge” allora la scelta di stare fermi è giusta. Nel nostro esempio, se la riduzione del parco macchine a noleggio ci sembra una buona idea, allora questo implicitamente rafforza la scelta di non comprarne di nuove.
Ciao, questo articolo è molto interessante, è possibile averne l bibliografia/fonti? Grazie
Buongiorno Ross,
posso fornirti qualche riferimento bibliografico, in cui troverai questo e molti altri errori cognitivi.
Ecco un elenco dei libri più utili e interessanti.
– Dan Ariely – Prevedibilmente irrazionale
– Daniel Kahneman – Pensieri lenti e veloci
– Matteo Motterlini – Trappole mentali
– Matteo Motterlini – La psicoeconomia di Charlie Brown
– Richard Thaler – Nudge. La spinta gentile
– Richard Thaler – Misbehaving: la nascita dell’economia comportamentale
Buona lettura!
Oliviero