I nostri lettori sanno che, pur lamentando come il nostro Paese sia sempre indietro sul fronte dell’innovazione, perché questa viene osteggiata da tutte le caste e le lobby che ne sono minacciate, non siamo del tutto convinti che Uber sia tutta rose e fiori.
Da un lato c’è infatti l’accusa dei suoi stessi autisti di pagare meno di quanto l’azienda pubblicizza. Poi è la stessa Uber a essersi procurata non pochi problemi, legali e non, specialmente negli USA negli ultimi mesi, tanto da aver fatto nascere campagne mediatiche di boicottaggio (anche con l’hashtag #DeleteUber).
Fortunatamente sembra che sia ancora possibile mettere insieme i vantaggi del ride sharing e il miglioramento del servizio offerto dalle nuove tecnologie con un maggior rispetto dei lavoratori: una sorta di innovazione dal volto umano, se mi passate la frase.
Flywheel, ad esempio, si pone come anti-Uber, pur funzionando nello stesso modo. Anche con Flywheel, infatti, si usa un’App in cui si memorizza la propria carta di credito e si richiede una vettura, osservando sulla mappa quando questa sta arrivando.
La differenza è che Flywheel lavora con le aziende private di taxi, il che significa che l’autista è un tassista vero e proprio, e ha una licenza per la città in cui opera. Questo significa anche che Flywheel non prevede il sistema del cosiddetto surge pricing, quello che, regolando il costo dei tragitti in funzione della domanda e dell’offerta, ha reso famosa Uber.
Flywheel punta su altri benefici per differenziarsi da Uber e dagli altri concorrenti. Il primo è che i suoi autisti sono tutti attentamente controllati, come tipicamente avviene nelle aziende di taxi tradizionali. Un altro è che è possibile prenotare in anticipo la chiamata per farsi portare in aeroporto.
Nei mesi scorsi alla guida di Flywheel è stato chiamato Rakesh Mathur: il compito del nuovo CEO (che ha alle spalle una lunga serie di start-up lanciate e poi rivendute, e ha lavorato per Amazon) è far espandere Flywheel oltre i tre mercati in cui era presente all’inizio del suo lavoro (San Francisco, Los Angeles, e Seattle): a oggi sono stati aggiunti Sacramento e San Diego).
L’espansione per un’azienda con il modello di Flywheel è molto più lenta che per Uber. Quest’ultima entra in un mercato metropolitano molto rapidamente, non appena ne vede l’opportunità. Flywheel invece deve prima ottenere l’approvazione degli organi che regolano il settore a livello locale, poi proporsi alle varie compagnie di trasporto e ai tassisti. Altre lungaggini sono più operative: le aziende devono ad esempio insegnare ai propri autisti a non cancellare la chiamata di Flywheel se vedono qualcuno che chiama il taxi per strada.
Flywheel diventa quindi un’ottima alternativa per le aziende di taxi tradizionali, che rischiano di risentire pesantemente della concorrenza di prezzo di Uber e dei suoi pari, ma difficilmente hanno le risorse per costruirsi e promuovere una propria App. Per questo Mathur ritiene che l’espansione di Flywheel sarà facilitata.
E se Uber continuerà a inanellare problemi legali, di immagine e di comunicazione, Flywheel cercherà sicuramente di trarne vantaggio.