Expedia, uno dei leader mondiali nella vendita di viaggi online, ha comunicato l’intenzione di acquistare l’azienda di condivisione di appartamenti per vacanze HomeAway, per la somma di 3,9 miliardi di dollari, tra l’altro scatenando la speculazione che uno dei suoi concorrenti più agguerriti, Priceline, possa rilanciare sul prezzo.
HomeAway, fondata nel 2005 e quotata in borsa dal 2011, ha un portafoglio di 1,2 milioni di appartamenti e case in offerta in condivisione.
L’offerta in sé, e anche il fatto che possa scatenarsi una guerra di prezzi, è l’ulteriore segnale che la condivisione di appartamenti e case da parte di privati è sempre di più una parte degna di essere rappresentata nel mercato turistico globale. Un segmento che, a oggi, resta tuttavia fuori dal campo di ricerca dei portali come Expedia, separato dal resto del mercato turistico.
Ma proprio per questo Expedia sta cercando già da tempo di colmare questo gap, e ritiene che la condivisione diventerà una parte sempre più importante del suo mix di servizi nei prossimi anni. Già da un anno a questa parte Expedia aveva un accordo con HomeAway per pubblicare 115.000 appartamenti per vacanze sul suo motore di ricerca. Quindi l’acquisto da parte di Expedia è tutto sommato un passo logico in questa evoluzione.
Alcuni analisti finanziari si sbilanciano anche a dire che una controfferta potrebbe arrivare dalla stessa Airbnb, che nel frattempo gode dei risultati positivi di un referendum che si è tenuto nella sua città natale, San Francisco.
Airbnb e il referendum
I suoi cittadini hanno infatti bocciato una proposta, denominata Proposition F, che prevedeva che gli affitti a breve termine (tipicamente quelli turistici) fossero limitati a una durata massima di 75 giorni all’anno.
Si tratta di una importante vittoria per Airbnb, dato che in caso di approvazione una proposta di questo genere avrebbe potuto creare leggi o referendum analoghi in altre città degli USA, e di sicuro sarebbe stato un colpo negativo dal punto di vista mediatico.
La proposta di voto derivava dal timore, espresso da alcuni gruppi sociali, che la condivisione degli appartamenti per i turisti (d’affari o di piacere) possa esacerbare il problema degli affitti per chi a San Francisco ci vuole vivere in modo stabile.
Airbnb, al contrario, ha sostenuto che la condivisione a breve termine fornisce ai residenti un’integrazione di reddito utile anche a permettersi l’abitazione in cui vivono, e per questo ha anche speso dei bei soldi (8 milioni di dollari) per sostenere questa tesi.