A luglio di quest’anno Amazon è entrata nel mercato degli e-book tutto a consumo con la sua offerta Kindle Unlimited, prontamente definita da alcuni come “il Netflix dei libri”.
Nella sostanza il servizio non differisce molto da quello già offerto da servizi come Oyster, Scribd e altri. Per 10 dollari al mese gli abbonati a Kindle Unlimited, per ora solo gli americani, possono scegliere tra una biblioteca di oltre 600.000 titoli e ascoltarne anche migliaia in formato audio (grazie al servizio Audible). Per un confronto, Oyster vanta di avere oltre 500.000 libri sempre a 10 dollari al mese, mentre Scribd ne fa pagare 9 per oltre 400.000. In tutti i casi ci son vincoli di 10 o 20 libri noleggiabili in contemporanea.
Le dimensioni di questi cataloghi sulle prime possono sembrare importanti, ma ci sono dei dettagli rilevanti di cui tenere conto. Anche se alcuni bestseller più recenti sono presenti in questi cataloghi (e promossi adeguatamente), la maggior parte dei titoli sono di case editrici minori, indipendenti o di autori che si pubblicano autonomamente. Nessuna delle cinque major dell’editoria americana (HarperCollins, Simon & Schuster, Penguin, Random House e, manco a dirlo, Hachette) fa parte dell’offerta di Amazon. Oyster vanta alcuni libri di sei dei primi dieci editori americani, mentre Scribd ne offre 10.000 (perlopiù vecchi titoli) di Simon & Schuster.
Ma anche al di là della quantità di materiale a disposizione, il paragone con Netflix non sembra reggere molto. In primo luogo c’è la durata dell’esperienza di consumo del prodotto: un film dura due, massimo tre ore, e anche le serie TV di 20/30 episodi di 30/60 minuti ciascuno arrivano al massimo ad alcune ore di programmazione, se viste tutte di fila. Anche chi si vuol guardare un’intera stagione di House of Cards (una serie tra l’altro prodotta in autonomia proprio da Netflix) lo fa in un fine settimana. Un libro invece può in media accompagnare il lettore per ore e ore, lungo molte giornate e serate, limitando la quantità di libri che uno riesce a leggere (senza guardare solo le figure, cioè).
I film e le serie TV hanno in secondo luogo costi di produzione ben maggiori di un libro: questo è il motivo per cui Netflix in genere può offrire questi prodotti in streaming solo dopo che le major dell’industria cinematografica, con un preciso calendario di rilasci e concessioni graduali nel tempo, hanno estratto tutti i ricavi possibili dai cinema, dai DVD, dai canali televisivi via satellite e così via.
Forse un modo più corretto per chiamare il servizio di Amazon sarebbe chiamarlo “lo Spotify dei libri”. Il numero di libri e di scrittori (e di star) e la possibilità di consumo senza limiti di titoli (vecchi e classici) è infatti più simile a quello della musica che a quello dei cinema. Certo, poi anche il paragone con Spotify non è preciso al 100%, dato che i musicisti possono guadagnare anche (anzi, di solito guadagnano molto di più) con i concerti e il merchandising, mentre gli scrittori non hanno molto altro da vendere a parte i loro libri.
Poi c’è il problema dei consumi reali
Negli USA il Pew Research Center ha condotto un’indagine da cui emerge che il 76% degli intervistati ha letto almeno un libro nel 2013, includendo gli audiolibri. Il numero medio era di 12 (uno al mese), con una mediana di 5. E’ quindi difficile immaginare che chi legge pochi libri all’anno sia disposto a spendere da 100 a 120 dollari, quando può magari comprarli usati o chiederli in prestito a un amico. Non si deve poi dimenticare che negli USA le biblioteche pubbliche hanno volumi di prestiti molto elevati, e talora noleggiano anche gli e-book.
Se i lettori più avidi passeranno a questo sistema di lettura a consumo, si ridurranno i margini delle vendite tradizionali per le case editrici e per gli autori, oppure aumenterà il potere contrattuale di Amazon (una cosa di cui le case, dopo il braccio di ferro tra quest’ultima e Hachette, non sarebbero molto contente), motivo per cui gli editori non saranno molto inclini a spingere questo sistema di noleggio all inclusive.
Netflix, Spotify e gli altri servizi di questo genere hanno trovato spinta nel fatto che, offrendo il consumo per un canone mensile fisso, hanno fornito un’alternativa legale e conveniente a ci desidera ascoltare musica o vedere film a piacimento, fornendo ricavi a chi produce i contenuti. Nel caso dei video questa formula sembra funzionare, nel caso della musica già meno.
Per i libri (e soprattutto per chi li realizza e produce) c’è il rischio che il successo sia ancora minore.