In Europa è recentemente nato un nuovo… unicorno. Si tratta di Taxify, una start-up estone che dà battaglia a Uber in Europa e Africa: grazie al nuovo giro di finanziamento di 175 milioni di dollari, l’azienda ha superato la valutazione di un miliardo che le consente di essere considerata a tutti gli effetti un “unicorno”, appunto.
Il giro di finanziamento è stato guidato da Daimler, ma ha visto la partecipazione anche di altri fondi, di finanziatori singoli (uno è il cofondatore della start-up fintech Transferwise) e soprattutto di Didi Chuxing, la Uber cinese che, tra l’altro ha partecipato al finanziamento per la seconda volta.
Taxify userà i fondi ottenuti per sviluppare le sue tecnologie ed espandersi ulteriormente in Europa e Africa.
Non è la prima volta
Oltre al business tradizionale delle autovetture, Daimler procede nella sua espansione in quelli più innovativi. I suoi investimenti comprendono l’azienda di car sharing Car2Go e le imprese di car pooling Flinc (in Germania), Via e Turo. Oltre a questo, a marzo di quest’anno Daimler e BMW hanno consolidato in un’unica azienda i loro rispettivi investimenti nel settore mobilità, che oltre al car sharing comprende anche i sistemi di parcheggio e le soluzioni per la ricarica dei veicoli elettrici.
La mossa di Daimler è sensata dal punto di vista strategico, perché Taxify sta emergendo come il principale concorrente di Uber in Europa e Africa (ma con una puntata anche in Australia). Per Taxify si tratta del giro di finanziamento più sostanzioso da quando è stata fondata nel 2013.
Il concorrente di Uber
La storia di Taxify è abbastanza particolare. E’ nata dall’iniziativa di due fratelli estoni, Markus e Martin Villig, che volevano creare un servizio di ride sharing innovativo investendo il denaro preso a prestito dai loro genitori. Ma in un contesto ormai abbastanza omogeneo del mercato e dell’offerta di questi servizi, ha dovuto adattare la propria strategia di crescita. La soluzione è stata quella di seguire l’entrata di Uber in mercati già sufficientemente maturi (infatti non è presente in Italia), lasciando a Uber il compito scomodo di fare il lavoro “sporco”, ossia di scontrarsi con le lobby locali e i politici contrari allo sviluppo del settore. Oltre a questo, Taxify cerca poi di offrire un servizio migliore di quello di Uber, lasciando commissioni percentuali maggiori agli autisti e di praticando prezzi inferiori per i passeggeri.
Oggi Taxify opera in 25 paesi e vanta di avere più di 500.000 autisti e 10 milioni di utenti, quattro volte quelli che aveva ad agosto del 2017 (la crescita dichiarata del numero di passaggi in un anno è addirittura di 10 volte, anche se l’azienda non fornisce i valori di partenza).
Il ruolo di Didi
Il supporto di Daimler è quindi molto interessante per Taxify, ma ancora di più lo è quello di Didi Chuxing, che, lo ricordiamo, è l’azienda che ha sconfitto Uber in Cina, rilevandone le attività.
Didi ha investito, sia in passato che ora, somme ingenti in Taxify, ma soprattutto le ha messo a disposizione importanti fonti di conoscenza ed esperienza. Si tratta di una strategia già utilizzata da Didi in passato, che alla fine del 2017 ha raccolto un capitale di 4 miliardi di dollari da dedicare appositamente a questo tipo di espansione globale.
Tra gli investimenti di Didi effettuati in rivali di Uber si sono infatti quelli in Lyft negli USA, in Grab nel sud-est asiatico (che recentemente ha anch’esso acquisito le attività di Uber in quell’area), in Ola in India, in Careem nel medio oriente e in 99 in Brasile (che Didi ha comprato direttamente a Gennaio di quest’anno, nella sua prima mossa diretta di questo tipo).
Lo scenario che si conferma sempre di più a livello sia globale che di singoli mercati è quindi quello di una battaglia in cui c’è spazio solo per uno, massimo due, operatori del ride sharing, evidentemente a causa delle fortissime economie di rete che nascono quando si devono reclutare sia gli autisti che i clienti.