
Il futuro delle costruzioni in Italia di fronte a un bivio
Con questo intervento sono lieto di iniziare la mia collaborazione con Rental Blog, che sarà caratterizzata da articoli dedicati al mercato dell’edilizia e alle sue implicazioni, con particolare attenzione ai riflessi che potranno essere colti e sviluppati dagli operatori del noleggio.
L’Associazione Nazionale Costruttori Edili sta vivendo un delicato momento di dibattito interno sulla scelta delle strategie per contribuire a condurre il settore delle costruzioni verso la ripresa. È un po’ lo specchio di una classe imprenditoriale che fatica a fare le sue scelte in un momento congiunturale ancora oggettivamente difficile.
In questi ultimi giorni, infatti, fa molto discutere, ma forse sarebbe meglio dire riflettere, la precisa presa di posizione del presidente di Ance (Associazione Nazionale Imprese Edili) Claudio De Albertis che ha minacciato le sue dimissioni qualora, all’interno dell’Associazione, dovesse mancare l’unità di intenti nella definizione di una strategia che conduca il settore delle costruzioni definitivamente fuori dalla crisi.
Ragionando macro, due sono le linee di pensiero: quella dell’attuale presidente punta molto sulla ristrutturazione, il recupero delle aree dismesse e la riqualificazione in generale; gli antagonisti interni all’Ance vorrebbero invece indirizzare gli sforzi verso il rilancio delle grandi opere pubbliche, certamente penalizzate dagli anni della crisi che ha fatto diminuire gli investimenti in modo realmente preoccupante.
In un paese sano e forte, i due mercati potrebbero camminare a braccetto, sfruttando due tipologie di know-how che il mondo ci invidia. Ma purtroppo non siamo né sani né forti: abbiamo un debito pubblico da far paura, una imprenditorialità penalizzata dalle tasse, un costo del lavoro esorbitante (sempre per la pressione fiscale, al lavoratore resta poco) e quindi si va avanti come si può, sperando che la fantasia e l’elasticità che caratterizza gli imprenditori nostrani non venga mai meno.
Grandi opere, piccole opere
Tornando alla discussione, quindi, probabilmente la posizione di De Albertis è la più corretta, la più perseguibile, e probabilmente anche la più intelligente. Ciò non significa che il nostro paese non abbia bisogno di grandi opere, soprattutto a livello infrastrutturale. Ma se non abbiamo i soldi, se un’infinità di grandi progetti non arriva mai alla fine appunto per mancanza di fondi, se si sprecano fior di risorse, se spesso non riusciamo nemmeno ad assicurarci i finanziamenti europei che sono a nostra disposizione, quali grandi opere vorremo mai realizzare?
E poi: che cosa ce ne facciamo, per esempio e mi scuso per la citazione, di opere come il famigerato ponte sullo Stretto, se attorno ai suoi immaginari piloni molte abitazioni non hanno ancora i più basilari servizi in casa? A che cosa servono le cattedrali nel deserto dei più indispensabili servizi davvero necessari alla gente? Certamente, l’Associazione dei Costruttori Edili rappresenta, appunto, i Costruttori Edili, quindi quello da declinare è il verbo costruire. Credo però che De Albertis, con la sua posizione che personalmente condivido appieno, tanto per evitare dubbi, voglia davvero “costruire”.
Per esempio, vuole costruire una nuova dignità per le periferie delle grandi città; oppure, rendere migliori i centri storici spesso trascurati dall’incuria manutentiva delle varie amministrazioni. Ancora, vuole costruire un nuovo futuro per le miriadi di aree dimenticate che con nuove destinazioni d’uso potrebbero garantire abitazioni magari di edilizia sociale, nuovi spazi pubblici per la gente, e forse anche costruire un migliore avvenire energetico per il nostro paese, migliorando così, tanto per fare un altro esempio, la bilancia dei pagamenti e, chissà, raggranellare risorse per le grandi opere.
Ribadisco che tutto è importante, costruire in senso stretto (peraltro i dati sugli appalti pubblici sono in aumento) e riqualificare, in senso lato. Oggi la ristrutturazione, che sta trovando nei governanti un alleato dispensatore di benefici fiscali, appare la strada più percorribile per dare un po’ di ossigeno all’economia di settore. Il mercato del risparmio energetico continua a generare posti di lavoro, il recupero sta facendo crescere tante imprese anche dal punto di vista della competenza tecnica. Qui si riesce a leggere positività, anche una certa programmazione e, mi sbilancio, c’è meno spazio per gli sprechi, per le “turbative” negli appalti che sono mediamente piccoli e numerosi.
Si vocifera che l’Ance stia vivendo un momento difficile, che non sappia esattamente quale direzione prendere. Forse le due macro strade da percorrere sono meno distanti di quanto si possa pensare, ma ciò che probabilmente potrà condizionare le scelte sarà uno stretto contatto con la realtà economica e finanziaria del nostro paese. Immaginare nuovi, affascinanti scenari non è difficile; realizzarli è un altro discorso. E poiché ciò di cui oggi l’Italia ha davvero bisogno è la concretezza, che significa fare i passi secondo la lunghezza della gamba e non un centimetro in più, la strada indicata dal presidente De Albertis appare, alla fine, la più saggia.
E tutto ciò, al di là delle scaramucce della politica, delle correnti e dei giochi di potere, delle ambizioni personali e delle empatie interpersonali: quisquilie che interessano a pochi e che, soprattutto, non ci possiamo più permettere.
Benvenuto. Caro Roberto, esordisci con un’ articolo illuminante. Da tempo si discute dei punti esposti e considerando tutto quello che è successo negli ultimi 25/30 anni nelle opere pubbliche, e gli avvenimenti avvenuti negli ultimi tempi in seguito a eventi naturali , non ci rimane che condividere il tuo e quello del presidente dell’ Ance. Soldi non ci sono, ma ci sono uomini che hanno speranze e obiettivi. Ecco, ci vorrebbe una politica che per prima cosa si impegnasse a ridurre le tante varianti di leggi e semplificando la burocrazia, permetta a questi uomini di realizzare sia opere pubbliche e private, con obiettivo di migliorare i servizi e recuperare spazi senza consumare un metro di terreno. Insomma, una parte dei colpa la portiamo tutti, ma il tempo passa inesorabile e dobbiamo fare qualcosa per il futuro. Meglio recuperare e costruire bene. E chi sbaglia paghi per sempre e non riciclarlo. Si riciclino solo materiali. Prendiamoci le nostre responsabilità. Grazie Roberto .