Anche se qualcuno lo assimila sempre al mestiere più vecchio del mondo, il noleggio organizzato da operatori professionali e utilizzato da soggetti consapevoli (e sostenuto da normative, tecnologie e capitali) è ancora un salto in avanti di modernità. Il mondo non va nella direzione dei costi fissi, di tutto ciò che incatena, ma della flessibilità d’uso, della logica del costo certo e dell’accesso attraverso l’esternalizzazione dei servizi. Non è possibile ormai tornare indietro.
Non si parla più di gratificazione ottenibile attraverso la proprietà di tutti gli asset (l’orgoglio dell’imprenditore che dice “è tutto mio” deve confrontarsi con la dura legge del controller finanziario, che ragiona sul cash flow); non si tratta nemmeno di resistenze culturali al nuovo, perché anche da noi hanno preso piede tutte le faccende sociali legate al “pay per use” e anche da noi lo “stile IKEA” (inteso qui come accessibilità a costi limitati) si è ormai imposto rispetto alla cultura del bene duraturo.
Peraltro, noi italiani, capitanati da uno Stato sempre attento a dare ottimi esempi da seguire, saremmo perfino i primi in una logica del “non pay per use”, dato il livello numerico degli insoluti, delle calende etiopi nelle dilazioni di pagamento e della capacità del nostro dna nel tentare di non pagare nulla ma ottenere qualcosa lo stesso (in termini finanziari, ma anche negli aspetti di relazione sociale).
L’Italia è ancora un Paese arretrato nei servizi di noleggio e di outsourcing, e la ragione sta in una serie di motivazioni che tendono, appunto, ad assimilarlo come il mestiere più vecchio del mondo piuttosto che il salto in avanti della cultura dell’accesso. Quali ragioni?
- I noleggiatori professionali sono troppo pochi rispetto a quelli improvvisati, e spesso non si distinguono da questi.
- Non ci sono normative chiare che differenziano gli uni dagli altri.
- Non ci sono (reali) associazioni di categoria che promuovano il noleggio professionale.
- Raramente esiste una struttura d’offerta coerente e altrettanto raramente, forse di conseguenza, esiste una domanda adeguata.
- Il rapporto domanda e offerta non si caratterizza per logica win-win, ma per una giungla in cui gli operatori si cannibalizzano e i clienti ne approfittano.
- I servizi di noleggio andrebbero pagati (almeno per una buona percentuale) anticipatamente.
- I servizi di noleggio andrebbero pagati il giusto.
- I servizi di noleggio andrebbero pagati.
Ecco, ad esempio queste ragioni; ma potreste divertirvi (si fa per dire) a trovarne altre.
In alcuni segmenti, si è spezzata la catena di remunerazione della filiera: i costruttori di macchine e attrezzature hanno drogato il noleggio gonfiando i parchi macchine a dismisura e ora semplicemente si leccano le ferite; i noleggiatori vorrebbero a loro volta ancora i parchi macchine gratis, perché i loro clienti sono stati abituati a ottenere le macchine quasi in prestito, anziché pagare un canone.
Poi ci sono le logiche del mancato sviluppo territoriale del noleggio a breve, contrattualistiche schizofreniche e furberie di vario genere. Oppure quelle della confusione tra anima operativa e finanziaria di chi ha impostato il noleggio a lungo come se fosse un semplice leasing senza riscatto.
Fortunatamente, l’Italia è anche il Paese della creatività e qualcuno si sta inventando, senza clamori, soluzioni che guardano avanti, anziché decidere semplicemente come fare cassa nel quotidiano.
E’ questo, forse, lo spiraglio di luce che si vede in fondo al tunnel e che ancora separa il mestiere più vecchio del mondo dalla modernità possibile attraverso la cultura dell’accesso.
Condivido il Suo articolo Sig. Cantù.. in toto.. E riguardo al fatto che NON CI SONO -REALI- Associazioni di categoria che promuovano il noleggio professionale, le sarei grato se approfondisse questo argomento.. Lei è, ovviamente, a conoscenza che almeno sulla carta ne esiste una e cioè Assodimi.. che ne pensa?
Grazie per il suo intervento.
Tornerò certamente in modo più approfondito sulla tematica che le sta a cuore. Nel frattempo le anticipo in sintesi il mio pensiero.
Un’associazione reale dovrebbe fare prima di ogni altra cosa e prima dei propri, l’interesse dei soci e del mercato che rappresenta, promuovendo con forza ed energia anche un cambiamento di regole (nel caso del noleggio si tratterebbe di una prima scrittura, con concreti riflessi normativi a tutela della categoria).
Inoltre, dovrebbe decidere quale debba essere la base dei propri soci: è qui che si smascherano le società di servizi dalle associazioni, perché la base allargata è sicuramente più appetibile alle prime, ma finisce per non rappresentare nulla, oppure interessi in conflitto. Che, nel settore del noleggio sono già fin troppo presenti per altre ragioni, in primis il fatto che costruttori e distributori agiscono pesantemente nell’organizzazione dell’offerta.
Buona giornata
PAC