Il consumo collaborativo definisce un modello economico basato su un insieme organizzato di pratiche di scambio e di condivisione di beni materiali, servizi e conoscenze. In quanto modello, si adatta sia alle persone, come trend sociologico per chi vuole entrare in un meccanismo alternativo al consumismo classico, sia alle aziende, come modello di business che si avvicina al noleggio tout court ma ne rovescia i paradigmi.
Il consumo collaborativo è però sempre meno tendenza di nicchia e, come evidenziato giustamente sul sito di LocLoc, uno dei più interessanti marketplace di noleggio fra privati, non è già più solo una reazione alla recessione. Quando qualcosa diventa modello organizzato, ecco che può scattare l’effetto trascinamento, nella possibilità di far combaciare lo stile di vita e di fare impresa, con le possibilità offerte dalle varie organizzazioni.
Noleggiare qualcosa fra persone o fra imprese però non significa soltanto ottimizzare i guadagni e i costi nell’uso delle cose di proprietà, ma entrare in un meccanismo di pensiero nuovo in cui le clausole legali di tutela contano meno rispetto all’atteggiamento innato, ed è questa forse la vera sfida del noleggio che incontra domanda e offerta in spazi virtuali.
Nel noleggio professionale come lo abbiamo conosciuto finora, almeno in Italia, questa logica non si è instaurata del tutto e proprio nelle clausole vessatorie dell’una o dell’altra parte è naufragato il concetto di logica win-win o di collaborazione negli utilizzi. Attraverso questa porta (sarebbe meglio dire portale…) possono però entrare anche le imprese, imparando a gestire un luogo di mercato che non è più (solo) lo spazio fisico del proprio punto noleggio, ma lo spazio virtuale di un sito in cui la gente si incontra, favorendo una domanda e offerta regolamentata e focalizzata. Come una vecchia fiera.
I titolari dei siti in questione dovranno stare attenti a non creare un luogo vuoto o complicato da regole rompicapo, che sappia essere centro di attrazione in cui tutti si sentono tutelati e dove tutti hanno pari dignità negli scambi di beni, servizi o competenze.
La fantasia sta davvero galoppando e anch’io non mi sorprendo quasi più. Nel condominio dove abito, presto condivideremo un’asciugatrice offerta dal costruttore in comodato d’uso gratuito (cioè senza canone di noleggio, di acquisto, o leasing…). Si pagherà a modalità “pay per use” inserendo un apposito gettone quando la si desidera utilizzare.
Non potrebbe essere così per le attrezzature fitness o altre necessità che ora sono disponibili solo in un luogo fisico preciso e non in uno spazio dove già si condivide la vita quotidiana? E non potrebbe funzionare così anche per un artigiano o una piccola impresa per quelle che sono le sue necessità?