Comunicazione e realtà virtuale, che cosa stiamo perdendo

comunicazione realtà virtuale
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Ultimamente, nella mia quotidianità, sento spesso parlare di nuove tecnologie che personalmente continuo a identificare come un po’ troppo futuristiche. Intelligenza Artificiale, metaverso, NFT, realtà virtuali…Sono tutti strumenti che, in futuro, troveranno certamente spazio nel panorama della comunicazione. Ma che fatico ancora a incastrare bene nelle strategie comunicative di piccole e grandi aziende.

Spulciando qua e là articoli e approfondimenti vari e confrontandomi con i miei colleghi, mi rendo conto però di quanto ci stiamo concentrando su queste stesse tecnologie, seguendo il flusso degli eventi e facendo di tutto per stare al passo con i tempi. Quando, in realtà, sono le aziende stesse a non riuscire a essere sempre e costantemente sul pezzo.

Ora, non vogliatemene, ma in questi ultimi anni ho avuto modo di conoscere qualche azienda di noleggio e le difficoltà riscontrate nel cercare di portare internamente alcuni spunti e strumenti di comunicazione digitale (e parlo di strategie social, di strumenti di comunicazione interna, di newsletter,…) sono state diverse.

Un po’ perché il mercato non era pronto a un salto di questo tipo, un po’ perché il cambiamento spaventa quando lo si deve applicare alla propria consolidata quotidianità.

Per questo motivo, quindi, credo che forse stiamo correndo un po’ troppo. Stiamo perdendo di vista la realtà delle cose e le reali capacità di un’azienda.

E, allo stesso tempo, stiamo facendo passare in secondo piano quelli che, a suo tempo, avevamo identificato come “canali del futuro“, e che invece oggi sono diventati parte integrante della nostra vita (anche aziendale): i siti web, i social network, le newsletter, la video comunicazione. Proprio su quest’ultima vorrei portare la vostra attenzione.

Soprattutto sulle pagine di Rental Blog abbiamo sempre cercato di sottolineare come sia fondamentale rendere la comunicazione sempre più umana e trasparente, coinvolgendo gli utenti e mettendoli davanti alla realtà delle cose. In questo senso, la video comunicazione ci è stata di grande supporto. Quello che mi chiedo, in un momento in cui stiamo guardando tutto molto al di là del nostro naso, è: quando abbiamo smesso di essere umani?

Un video per ogni evenienza

Partiamo dalle basi. L’utente ha bisogno di instaurare una relazione con il proprio interlocutore. Nell’era della comunicazione digitale, in cui ci troviamo per la maggior parte a comunicare attraverso uno schermo, si tratta di qualcosa di complesso da realizzare.

Tuttavia, esistono differenti modalità per farlo. Possiamo lavorare su un copy più coinvolgente, che parli la lingua di tutti; possiamo produrre delle grafiche emozionali, che combinino foto e colori in grado di suscitare qualcosa nell’animo dei nostri utenti. Ma possiamo anche (e soprattutto) lavorare con i video. Meglio se i protagonisti siamo noi, i nostri collaboratori, le persone che fanno attivamente parte di quell’azienda.

Anzi, vi dirò di più. Meno costruito e impostato è il video, più autentico risulta agli occhi di chi lo guarda e più sarà apprezzato. È vero: sarà fruito sempre attraverso uno schermo. Ma all’interno di quel video il nostro utente vedrà il nostro voltoascolterà la nostra voce. Saprà che quel video è stato realizzato su misura per lui.

Vi faccio un esempio molto semplice che, la scorsa settimana, ho avuto modo di condividere con i partecipanti alla quinta edizione del Master Automotive Management & New Mobility. Pensate a quando portate la vostra auto in officina, per un intervento di manutenzione ordinaria o straordinaria. Mentre è lì, sotto le grinfie del vostro meccanico, cosa sapete della vostra vettura? Assolutamente nulla. Sapete che dovrà subire forse qualche intervento di manutenzione, ma non sapete come, chi lo realizzerà, se ci saranno implicazioni…Zero.

Bene. Ora immaginate di ricevere un video, realizzato direttamente dal tecnico responsabile della vostra auto, in cui venite informati degli interventi fatti sulla vostra vettura e di quelli che sarebbe opportuno completare, per avere un’auto prestazionale e sicura. Un video breve, in cui chi si rivolge a voi parla in modo semplice e diretto, quasi fosse un vostro amico. Non si dilunga in passaggi tecnici troppo approfonditi, ma vi spiega le cose così, esattamente come sono. Ed è lui ad apparire in video, non un attore o un avatar. È proprio lui.

Questo, a mio parere, è un esempio di comunicazione umana. Una comunicazione che, pur rifacendosi alle tecnologie, dà spazio al volto delle persone, alla loro umanità, allo sviluppo di una relazione. E, se ci pensate, i video possono essere utilizzati in tante occasioni diverse; vi faccio solo qualche esempio:

  • sui social
    • per presentare l’azienda
    • per raccontare un prodotto
    • come animazioni, per spiegare concetti magari un po’ articolati
    • per riportare delle testimonianze
  • sul sito, con l’obiettivo di creare una libreria fruibile, magari secondo determinate modalità di accesso per distinguere la comunicazione tra prospect e clienti (e quindi differenziare gli obiettivi)
  • in una newsletter, indirizzata a chi è già cliente, con l’obiettivo di fidelizzare
  • al posto di un’email o di un messaggio in cui ringraziamo il cliente o il prospect per essere passato in negozio/azienda, per aver partecipato a un corso di formazione o a un evento

Insomma, non credo serva dilungarmi. Le potenzialità della video comunicazione sono davvero molte e tutte implementabili abbastanza semplicemente all’interno di una strategia di comunicazione.

Realtà virtuale: è davvero realtà?

comunicazione realtà virtuale mediumIl metaverso cambierà per sempre il modo di relazionarci gli uni con gli altri“. È stata questa la dichiarazione di Mark Zuckerberg prima di dare dimostrazione di tre nuovi visori disponibili per la realtà virtuale.

C’è da chiedersi in che senso, andrà a cambiare il nostro modo di relazionarci con le persone. In bene? O in male? A mio parere, userei un’espressione come “bene, ma non benissimo“.

Lo ammetto: la realtà virtuale (e tutto il contorno) non mi attirano per niente. Ciò non significa che io sia contraria a queste nuove tecnologie. Forse sono ancora un po’ analogica da questo punto di vista, nonostante i miei studi e il mio lavoro, ma so che in futuro non avremo scampo.

Quello che al momento mi preoccupa è la modalità di comunicazione che può derivare da questi strumenti. La chiamano “realtà virtuale“, ma cosa significa “realtà“?

Sappiamo che, grazie a particolari visori, abbiamo la possibilità di spostarci e di muoverci nello spazio proprio come se fossimo in una “realtà fisica“, interagendo con ciò che ci circonda, oggetti o persone che siano. Nel metaverso, non siamo fisicamente noi a muoverci, ma il nostro avatar. Un punto che, secondo la mia opinione, fa un po’ cadere l’idea di interazione umana. È vero, è qualcuno che mi rappresenta. Ma non sono io.

Un altro aspetto che mi lascia perplessa è che se nella realtà di tutti i giorni parliamo di rapporto con le persone, di incontri, di conversazioni…nella realtà virtuale parliamo di interconnessione. Siamo sempre, perennemente connessi. Viviamo la nostra vita in un mondo parallelo, online e digitale, facendo esattamente quello che facciamo nella nostra quotidianità, ma altrove. Può essere sana una comunicazione di questo tipo?

Se fatta per svago, forse sì. Ma se dovesse diventare la normalità? Mi spiego meglio. Proprio ieri, bazzicando sui social (a proposito di strumenti digitali…), ho letto una notizia che mi ha lasciata perplessa. Una influencer americana ha sviluppato una fidanzata virtuale a cui si può accedere (che poi, anche in fatto di terminologie, come dobbiamo comportarci?) pagando un dollaro al minuto. La mia prima reazione è stata semplice, diretta, schietta: “ma che c***o sta succedendo?“. Non è il primo esperimento, di questa tipologia, di cui si sente parlare, ma ogni volta è un lampo a ciel sereno. Perché se abbiamo bisogno di creare anche una fidanzata virtuale, vuol dire che qualcosa sta davvero andando storto.

Non stiamo più parlando di comunicazione “solo” aziendale, ma di comunicazione vera e propria. La possiamo considerare ancora tale? O stiamo degenerando in sviluppi di una tecnologia per cui non siamo davvero pronti?

La paura dell’ignoto

Chi mi conosce bene probabilmente sta sorridendo e pensando che mi faccio troppo impressionare (ndr, date un’occhiata alla trama dell’anime “Sword Art Online” per capire di cosa parlo…è una cosa da nerd e, in quanto tale, mi sento in dovere di condividerla). Altri forse stanno ridendo di gusto, pensando a quante stupidaggini posso aver racchiuso in un solo articolo. Altri, invece, forse stanno iniziando a rimuginare su quanto condiviso con voi in questo articolo.

So che la comunicazione non è solo relazione, solo umanità. So che stiamo andando in una direzione sempre più tecnologica e all’avanguardia. Ma è davvero questo quello che vogliamo? Vogliamo perdere di vista la spontaneità, la bellezza dell’incontro fisico, per dare spazio a una vita digitale, seduti sulla nostra sedia da gamer a incontrare virtualmente persone da tutto il mondo perdendoci quanto di bello la comunicazione e l’interazione “reale” può regalarci?

Va bene stare al passo con le tecnologie. Ma dobbiamo farlo pensando ai nostri interlocutori, alla nostra azienda, alle nostre possibilità. Di fatto, da utenti, ragioniamo tutti in modo abbastanza semplice: vogliamo avere informazioni chiare, dirette, veloci.

Ci serve davvero una realtà virtuale per averle?

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