Quando parlo con qualche vecchio collega analista finanziario, ora ridotto a inserire dati di bilancio nei programmi di credit scoring in attesa di veder apparire il colore del semaforo che darà via libera o meno a un finanziamento, mi viene il dubbio che le banche non siano state ancora rese sufficientemente edotte circa i meccanismi reddituali di un noleggiatore o sul funzionamento della liquidità.
Anche i muri sanno che nelle attività di noleggio il flusso di cassa deve essere negativo nei momenti di crescita e sarà positivo nei momenti di contrazione. Questo capovolgimento di logica è spiegato dal fatto che, per far crescere il proprio volume d’affari, occorre investire aumentando la flotta, utilizzando così il capitale della società e riducendo le riserve di cassa. Quando i tempi si fanno duri, le società agiscono all’opposto con rapidità, riducendo gli aquisti di mezzi e apparecchiature o disinvestendo attraverso la vendita parte del parco mezzi, con un conseguente ritorno in positivo del flusso di cassa. Una strategia che, ad esempio, ha permesso al colosso americano United Rentals di cavalcare la crisi anziché soccombere, anche perché i vertici dell’azienda hanno agito con sangue freddo e col totale appoggio dei loro partner finanziari. Un po’ come nel motto “vendi e pentiti” con cui un tempo si facevano buoni guadagni giocando in borsa.
Che lo si voglia o no, il generatore di reddito di un noleggiatore è il suo parco mezzi: efficiente, ben calibrato e con la giusta rotazione. Verso la fine degli anni ’90, ai tempi in cui l’industria del noleggio era in fase di espansione, gli analisti volevano vedere flussi di cassa positivi e crescita. Al massimo consideravano l’acquisto di una società di noleggio, da parte di un’altra società di noleggio, come il modo migliore di crescere, accettando di pagare a caro prezzo le spese di avviamento, che in questo business raramente hanno valore. Il modo più economico per far crescere il business del noleggio invece è sempre stato quello di aumentare la flotta, quando il bisogno di nuove macchine è giustificato dal mercato.
Insomma, gli analisti che commentano positivamente e a prescindere il flusso di cassa positivo di un noleggiatore sono come quei finanziatori che di qualsiasi azienda guardano solo la casella degli utili, senza approfondire se questi derivano dall’attività propria o dalla svendita di gioielli di famiglia, beni materiali, immobili o macchinari, o guardare nella nota integrativa se sono stati ceduti a una società di leasing proprio per costituirsi liquidità e risultati “positivi”.
Oggi più che mai, anche in questo settore, servono soldi per fare soldi. Una società di noleggio orientata alla crescita sa che dovrà investire nella flotta e, ovviamente, spendere soldi. Altrimenti significa che non sta pensando al futuro. Ma questo forse le banche non lo sanno.
Certo, a forza di inserire numeri in un sistema di scoring o chiedere garanzie reali del valore triplo dei soldi prestati, anche il cervello degli analisti si atrofizza.