Come se la passa il settore Automotive?

Automotive stato di salute
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È da qualche settimana che non approfondiamo insieme lo stato di salute del settore Automotive. In realtà abbiamo condiviso con voi alcune news di mercato che ci hanno permesso di scattare qualche fotografia sulla situazione attuale che, diciamocelo, non è ancora tra le più rosee.

Gli effetti della pandemia, che nel corso dei mesi scorsi sembravano aver lentamente allentato la presa, sono tornati alla ribalta e stanno tenendo tra le proprie grinfie varie categorie del settore. Non che la situazione sia troppo drastica: ricordiamoci che in pieno lockdown la vendita e l’acquisto di auto si erano praticamente azzerate. Tuttavia, ci sono vari elementi che – tanto in positivo quanto in negativo – stanno influenzando l’andamento del mercato.

L’agonia dei semiconduttori

A Maggio 2021 abbiamo iniziato a toccare l’argomento, forse convinti che si trattasse di un momento di crisi di passaggio. Ad oggi, dopo 5 mesi, ci siamo resi conto che si tratta di un’agonia vera e propria. La carenza di chip e di semiconduttori, che nei mesi scorsi aveva rallentato la produzione di nuove vetture, si è lentamente insinuata all’interno del settore, provocando diversi feriti.

I disagi che questa problematica ha causato, hanno investito più o meno tutti gli operatori del mercato, compreso il consumatore finale. Io, personalmente, ve lo posso confermare. Ho un’amica che proprio a Maggio ha ordinato la sua nuova auto presso un concessionario della zona. Primo limite di tempo: Agosto. Neanche male, pochi mesi di attesa per una vettura sono quasi un passaggio standard. Tuttavia, a distanza di cinque mesi, dell’auto non esiste nemmeno il telaio. Capite bene che questa situazione comporta fastidi non da poco. Da un lato, il fatto di dover attendere per così tanto tempo e senza informazioni certe l’arrivo di una vettura per cui sono stati fatti sogni e sacrifici; dall’altro, la necessità di avere un mezzo più performante e sicuro per i propri spostamenti…motivo per cui questa persona aveva scelto di sostituire la propria auto.

Ma a essere coinvolti, ovviamente, sono anche i costruttori. Grandi nomi come Mercedes, Stellantis, Toyota e Volvo sono state costrette a fermare la produzione e a chiudere i propri stabilimenti per via della mancanza di chip. Un’interruzione di una o due settimane a cicli: si tratta di un lasso di tempo che, in un settore come l’Automotive, può risultare deleterio.

Come sottolinea un’interessante articolo pubblicato su Fleet Magazine, il paradosso sta nel fatto che le nuove auto presentate al mercato sono caratterizzate da un numero sempre maggiore di tecnologie digitali. Tutto questo, in un contesto storico in cui manca letteralmente la materia prima per poter soddisfare queste caratteristiche.

La situazione, da questo punto di vista, è quanto mai incerta. Si tende a essere ottimisti e a pensare che una prima stabilizzazione possa arrivare nella seconda metà del 2022. Tuttavia, sappiamo quanto possa essere vulnerabile e imprevedibile il settore dell’auto. Proprio per questo, alcuni esperti sperano di poter apprezzare una situazione di normalità nel 2023, se non addirittura nel 2024.

L’Automotive strizza l’occhio alle tecnologie hi-tech…

Come sottolineato poco sopra, nonostante la situazione altalenante legata a chip e semiconduttori, l’Automotive non ha perso il suo interesse per le tecnologie digitali. Anzi. Seguendo un po’ il trend degli ultimi anni, tutti i nuovi modelli presentati sul mercato possono vantare un vero e proprio nuovo assetto in questi termini.Automotive hi-tech

Stiamo parlando di schermi sempre più grandi e di design, funzionalità di connessione e interconnessione all’avanguardia, sensori ancora più raffinati, sistemi di assistenza completamente integrati nella scocca della vettura. Insomma…quasi non possiamo più parlare di semplice auto. Sembra finita l’epoca in cui le motivazioni che ci guidavano all’acquisto di una nuova vettura erano legate alle nostre esigenze specifiche di mobilità…oppure no?

Del resto, quanta della tecnologia inserita all’interno delle nostre auto andiamo davvero a utilizzare? Gli italiani, questa domanda, se la sono fatta. E indovinate un po’ qual è stata la loro risposta? “Sono soldi sprecati“. Secondo un’indagine condotta da JD Power US Tech Experience Index, non sempre questa tecnologia trova un pubblico pronto a utilizzarla. Una considerazione, questa, che forse deriva da un problema di disorganizzazione interno all’Automotive.

Mi spiego meglio. Da anni all’interno del mercato si ragiona in ottica di smart road, smart city e mobilità interconnessa. Si tratta di un cambiamento radicale per il settore, che naturalmente ha bisogno di adattare le proprie vetture a questa nuova configurazione.  Tuttavia, i tempi non sono ancora maturi. Forse le auto sono già pronte per questo tipo di transizione, mentre mancano completamente le infrastrutture.

Da questo punto di vista, nel corso del workshop promosso da LoJack in occasione dell’Automotive Dealer Day 2021, Pierluigi Bonora aveva sottolineato l’importanza che “i fondi UE destinati alle infrastrutture e al miglioramento della viabilità vengano bene impegnati e, soprattutto, imprimano una forte accelerazione che consenta di dare concretezza ai progetti sulle smart road, ancora fermi alle semplici enunciazioni“.

Ora, soprattutto in una situazione delicata come quella attuale, c’è da chiedersi se questa debba essere davvero la priorità del settore.

…e alla sostenibilità

Altro tema centrale che sta impattando notevolmente sul settore Automotive, è quello della sostenibilità. Da un lato, possiamo parlare di una scelta quasi obbligata. Se da un lato è fondamentale preservare la sopravvivenza del pianeta, dall’altro l’Unione Europea ha lasciato ben poche alternative ai costruttori mondiali.

Come vi abbiamo raccontato qualche articolo fa, l’obiettivo è quello di raggiungere l’azzeramento delle emissioni entro il 2050. Un traguardo che prevede una serie di altre piccole conquiste, nel corso dei prossimi anni, come l’abbattimento del 55 per cento delle emissioni di CO2 entro il 2030.

In generale, però, l’intero comparto sta cercando di abbracciare questa svolta sostenibile. Le motorizzazioni sono il primo settore a essere coinvolto: nel mese di settembre, nonostante i disagi elencati precedentemente, il numero delle auto elettriche è da record. In Italia, infatti, si è registrata un’impennata delle vendite, che ha raggiunto oltre il 580 per cento rispetto al 2019. Un buon traguardo, anche se la strada da percorrere in questo senso è ancora molto lunga. In termini di auto ibride, per esempio, attualmente è possibile contare un parco circolante di 200mila unità, mentre nel mese di settembre la vendita di questi di modelli ha toccato poco meno delle 7mila unità.

Tuttavia, è chiaro come l’intero settore si stia muovendo verso questo tipo di cambiamento. Del resto stiamo parlando di un’industria che, nel suo insieme, deve trasformarsi. Non solo dal punto di vista dei produttori, ma l’intero sistema di componentistica deve abbracciare questa nuova mentalità. Nel farlo, non è sufficiente rendere sostenibili i prodotti che vengono messi sul mercato, ma adottare uno stile di vita e di lavoro che sia coerente per il raggiungimento di questo obiettivo.

automotive sostenibilitàUn esempio? La nuova partnership tra Edison e Michelin. Nell’impianto di Cuneo, dove vengono prodotti 13 milioni di pneumatici l’anno, sarà installato un sistema che consentirà di coprire quasi la totalità del fabbisogno energetico della struttura. Con un risparmio di circa 180mila tonnellate di anidride carbonica all’anno. Verranno utilizzati, inoltre, un impianto di trigenerazione in grado di produrre energia elettrica, vapore e acqua per il riscaldamento e il raffrescamento. A questo si uniranno degli impianti fotovoltaici installati sulle pensiline e su altre aree dispinibili, dando vita a un sistema integrato costituito da caldaie per la fornitura del vapore necesario alla produzione degli pneumatici.

Quanto al futuro del noleggio nell’Automotive?

Come vi abbiamo accennato qualche settimana fa, in realtà questa svolta alla sostenibilità potrebbe rappresentare un vantaggio per il noleggio. In questo momento c’è bisogno di un alto turnover delle vetture attualmente su strada. Stando anche alle dichiarazioni degli esperti del settore, serve un’accelerata del processo di elettrificazione.

Pietro Teofilatto aveva analizzato questo fenomeno sottolineando proprio come le flotte a noleggio fossero il più rapido volàno per l’introduzione nel parco circolante di veicoli con un’alimentazione alternativa. Stando alle ultime fotografie del settore, non potrebbe esserci osservazione più corretta.

Ma non solo, nelle ultime settimane è stata la stessa ALD Automotive a puntare tutto sul noleggio di auto. Con l’acquisto di Fleetpool, la realtà aziendale ha scelto di porsi come obiettivo il raggiungimento di 2,3 milioni di contratti totali entro il 2025.

Si tratta di una partnership molto importante, che permetterebbe ad ALD di continuare la sua espansione in questo senso, sviluppando servizi digitali di mobilità in abbonamento. Inoltre, il marchio Fleetpool sarà indirizzato non solo alle aziende, ma anche ai privati e ai dipendenti.

Stesso roseo destino purtroppo non spetta a un altro pilastro della mobilità condivisa: il car sharing. Dopo la stangata ricevuta nel corso del lockdown, per la condivisione dell’auto è iniziato uno dei periodi più neri.

Nonostante le buone premesse e alcuni cambiamenti nelle modalità di utilizzo e di concezione del servizio, gli effetti della pandemia si sono inesorabilmente trascinati, facendo calare i noleggi del 50 per cento. Tuttavia, non è ancora detta l’ultima parola. Il fatto di dover condividere l’auto con qualcuno sembra non rappresentare un fattore negativo per gli italiani.

Solo il 13 per cento ha evidenziato il disagio che si troverebbe ad affrontare in una situazione durante la quale è necessario continuare a prestare attenzione alla diffusione dei contagi. Un segnale tutto sommato positivo, soprattutto se lo siconfronta con il 54 per cento del giugno 2020. Si tratta di un dato che lascia ben sperare per i prossimi mesi e che premia almeno un po’ gli sforzi compiuti dagli operatori fin dall’inizio dell’emergenza sanitaria.

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