Proseguo nella riflessione che abbiamo iniziato venerdì in questo articolo.
La parola distanza richiama fortemente la condizione cui siamo forzatamente relegati ormai da quasi un anno. È una delle principali parole che vorrei il 2021 indebolisse al massimo.
La “distanza” è stata, ed è ancora purtroppo, così tanto protagonista delle nostre vite che mi sembra utile fare alcune riflessioni su questo tema.
Distanza sociale o distanza fisica?
Si è molto dibattuto sull’utilizzo di questi termini: “Distanza fisica sì, distanza sociale no: combattere il virus rafforzando le relazioni”. Era questo il titolo di un articolo che ricordo di aver letto qualche mese fa su un quotidiano.
“Il virus è abile nel saltare da una persona all’altra ma non ha potere sui legami, sulle relazioni, sulla possibilità di trovarci e sostenerci a vicenda. Anche da questo dobbiamo proteggerci per non rischiare invece di allentare i rapporti, di rinforzare diffidenza e solitudine”, continuava cosi l’articolo citato. La distanza non cambia le relazioni, non le indebolisce.
Non sono d’accordo. Sicuramente le cambia, eccome. Innanzitutto, perché siamo noi che in qualche modo “cambiamo” nello stare distanti.
Le ricerche di psicologia hanno scoperto che durante un periodo di distacco sociale, quarantena o isolamento, si possono sperimentare stati di ansia e paura (e qui non stiamo considerando la pandemia). Alcune persone possono avere difficoltà a dormire o concentrarsi nelle attività quotidiane. Periodi prolungati di tempo trascorsi a casa possono anche causare sensazioni di noia e solitudine ma anche di rabbia, frustrazione e irritabilità.
È stata la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità a raccomandare ufficialmente l’uso dell’espressione distanziamento fisico al posto di distanziamento sociale per sottolineare l’importanza del contatto tra le persone per il benessere psicologico.
La “distanza” intesa come condizione opposta alla natura sociale dell’essere umano, porta a galla i nodi sopiti della nostra natura, ci obbliga a fermarci e “ri-attrezzarci” per far fonte al nuovo quotidiano.
Lasciando il tema psicologico più stretto, è evidente che in una situazione in cui le interazioni faccia a faccia sono limitate e dobbiamo tutti mantenere la distanza, il digitale diventa il mezzo eletto a mantenere vive e attive le relazioni sociali di tutti i tipi.
L’impatto sulle Organizzazioni
La gestione di persone geograficamente disperse, pone nuove sfide ai Team Leader perché richiede di essere in grado di comunicare in modo efficace e di gestire le relazioni interpersonali in una modalità virtuale. Ciò richiede una maggiore comprensione delle dinamiche del team, richiede di interrogarsi (ancora più di prima) su come creare una cultura di squadra virtuale, cosa funziona meglio e cosa è invece più dannoso quando si gestisce il team a distanza.
Sono tanti i manager che in questi mesi mi hanno riferito di trovarsi in seria difficoltà su questo aspetto.
Se già prima della pandemia, la sfida di gestire il team era fortemente sentita, oggi questa sfida si è trasformata quasi in un “nemico” che si tende più a “fuggire” che affrontare. Si teme di non essere in possesso delle “armi” più adatte, si è consapevoli che quelle che si avevano prima sono ormai spuntate e comunque non consentono di ottenere gli stessi risultati. Ne servono di nuove, più efficaci nel nuovo contesto e dinamica di lavoro.
Come si fa a mantenere i dipendenti concentrati e coinvolti a distanza?
Una chiave sta sicuramente nella creazione di molteplici canali di comunicazione. Lo sviluppo di vari modi di interagire garantirà che i manager stiano collaborando in modo efficace con tutti i membri del loro team. Si tratta di una sfida da superare e anche di un’opportunità per sviluppare il proprio gruppo di lavoro.
Ma per tenere insieme il team serve soprattutto un altro ingrediente.
E qui arriviamo alla terza parola: fiducia.
Vi do appuntamento a domani.