CGTE, un futuro già scritto

intervista Max Rossi CGTE
intervista Max Rossi CGTE

Riprendiamo oggi l’intervista con Max Rossi, CEO di CGTE, pubblicando la seconda e ultima parte della chiacchierata fatta in occasione di una visita molto interessante alla sede principale un paio di mesi fa.

Per chi l’avesse persa, trovate qui la prima parte.

Negli ultimi anni, l’azienda del Gruppo Tesya ha modificato la propria pelle, mettendo il noleggio come focus esclusivo delle attività. Un noleggio evoluto, che dialoga con il mercato sia in modo tradizionale che con un assetto innovativo, almeno per il nostro Paese.

Questa trasformazione ha permesso nell’ultimo triennio a CGTE di macinare numeri impressionanti di volumi e di crescita. Ma, soprattutto, di aprirsi la strada verso nuovi settori sbocco, con una vocazione da general provider, come abbiamo già descritto e come vedremo anche in questa seconda parte.

Stiamo parlando di una crescita del 30 per cento anno dopo anno: è questo, quindi, il primo elemento che andiamo a indagare con Rossi.

Vi aspettavate questa crescita così eclatante o ha sorpreso anche voi? Ha a che fare con l’esservi ridefiniti sia nell’identità che nell’offerta?

Io vedo due elementi. Da un lato noi facciamo parte del Gruppo Tesya, che distribuisce prodotti di marche primarie come Caterpillar e altre ben conosciute, in sedici paesi dell’arco nord del Mediterraneo. E il Gruppo ha scelto il noleggio tra gli assi prioritari di sviluppo, perché è un mestiere di servizio, di specializzazione dei compiti, ed effettivamente c’è una tendenza da parte degli attori economici nel concentrarsi sul loro core business e cercare di esternalizzare ciò che può essere gestito in un modo più economico e razionale da degli specialisti. Quindi c’è da un lato la volontà del gruppo di sviluppare la parte del noleggio in Italia e nell’insieme dei paesi che sono coperti dal Gruppo Tesya, e questa è la decisione alla base.

Poi, c’è stata la strategia messa in opera per raggiungere questi obiettivi nel corso degli ultimi anni, che è un modello di business per il noleggio diverso da quello che avevamo prima, con un focus che, appunto, è principalmente sul noleggio.

Il dualismo con le attività commerciali permane?

Noi abbiamo avuto e abbiamo tuttora con il Gruppo un’attività importante di vendita, però non sempre il noleggio e la vendita vanno in parallelo, sono attività che hanno dei tempi e dei ritmi diversi. Il fatto di avere un focus unicamente sul noleggio è una delle ragioni dei buoni risultati. Un’altra delle ragioni è quella di interessarci, oltre alle macchine, al lavoro del cliente. Poter parlare con il cliente, con il suo stesso linguaggio. Negli ultimi anni, abbiamo assunto specialisti qualificati nei settori nei quali operano i nostri clienti. Si può certamente dire che, più che noleggiare una macchina, oggi forniamo delle soluzioni integrate, soluzioni veramente da general provider. Non solo sulla carta, lo facciamo veramente.

A differenza dei modelli di business di noleggiatori puri – prendiamo come esempio United Rentals – che fanno della libertà di scelta dei partner fornitori il loro vantaggio competitivo, questa vostra interpretazione del mercato nasce all’interno di un gruppo prevalentemente dipendente dalla vendita e dalla distribuzione. Non è un paradosso?

È l’eterno dilemma. È vero che la maggior parte dei grandi noleggiatori sono nati come noleggiatori liberi da vincoli, ed è vero che hanno una libertà di fonti di approvvigionamento che può sembrare interessante e importante. Noi siamo nati da un’altra considerazione, ossia quella della Caterpillar, che dal momento in cui il noleggio rappresenta una parte rilevante del mercato delle macchine – e in questo caso è anche un po’ limitativo perché noi ora tocchiamo anche molti altri campi, ma abbiamo iniziato principalmente con il movimento terra –, allora ha fatto la scelta di non nuotare controcorrente e di non andare contro a questa tendenza ma di appoggiarla e sposarla.

Quindi è fondamentalmente l’interpretazione di una strategia Cat?

In un certo modo sì, con i mezzi del primo produttore di macchine movimento terra al mondo, con una copertura territoriale molto importante, e che poi è anche multi-produttore perché produce anche una vastissima gamma di altre macchine. Perché Caterpillar poi è anche Cat Financial, ossia un organismo di finanziamento che ha permesso alle società legate alla galassia Cat di finanziare vasti parchi macchine. Gli asset destinati al noleggio dell’insieme delle strutture legate a Cat sono i primi al mondo. noleggio service

È un modello poco replicabile, anche rispetto a dei concorrenti diretti…

È un modello molto difficilmente replicabile, anche perché la maggior parte dei grandi concorrenti fabbricanti di macchine movimento terra non ha i volumi o la dimensione di Caterpillar, per cui sì, non è un modello facilmente replicabile.

Osservando i principali concorrenti di Cat vediamo, infatti, che si mantengono cauti verso un coinvolgimento diretto nel noleggio…

C’è una favola di La Fontaine che racconta di una volpe e dell’uva e non ricordo se l’uva è acerba o troppo distante o non gli interessa. Diciamo che non sono io a poter giudicare.

Il noleggio è comunque un’attività specifica, in quanto ha degli indicatori specifici. Siamo abituati a quelli classici che oggi forse lasciano un po’ il tempo che trovano. Quali nuovi indici, secondo la tua esperienza, andrebbero introdotti nel settore?

Io direi una cosa, che magari è una risposta un po’ facile, e cioè che il KPI più importante in qualsiasi attività economica rimane sempre il ROI, che chiaramente anche per noi è vitale. Questo è un elemento da tenere molto sotto controllo, soprattutto in un periodo di forte inflazione nel quale rischiamo di giocarci facilmente diversi punti di ROI se non riusciamo a ribaltare l’aumento dei costi che abbiamo tutti noi noleggiatori sul mercato.

Nella situazione in cui ci troviamo, cosa mette più a rischio il ROI? La leva di indebitamento o i costi strutturali?

Se il ROI non è adeguato, la remunerazione del capitale non è più interessante per gli investitori. È chiaro che, se con il margine non riesci neanche a coprire certe spese, questo può portare anche a un aumento dell’indebitamento. Il ROI per me è sempre l’elemento chiave. Poi, tra gli altri elementi importanti nel noleggio, uno importantissimo secondo me è il Time Utilization. Lo è per il noleggio che facciamo noi, ma lo è anche per il noleggio dei posti negli aerei o nelle camere degli alberghi.

Si collega anche con il tema del prezzo dinamico o personalizzato?

Può essere, in parte, visto che con un sistema di pricing dinamico si può influenzare il Time Utilization. Ora, il pricing dinamico fa rizzare un po’ i capelli sulla testa a certi benpensanti, però in un certo senso il fatto di avere un determinato prezzo con un particolare tipo di cliente secondo la sua dimensione o i volumi, è un altro modo di implementare un pricing dinamico, e non sono sicuro che sia molto più equo che avere dei prezzi un po’ più bassi quando la disponibilità è più alta e dei prezzi un po’ più alti quando lo è di meno. Diciamo che il Time Utilization è un elemento fondamentale in tutti i settori che toccano il noleggio.

Ha senso continuare a considerare il Time Utilization come indicatore generico? Non andrebbe piuttosto analizzato per segmento di flotta? Oppure, nel vostro caso di azienda destinata quasi a operare sette giorni su sette e h/24, non va modificato quantomeno il denominatore dei giorni di disponibilità?

Allora, prima di tutto il Time Utilization non può mai essere preso in esame se non insieme al coefficiente di utilizzo finanziario. Sono due indici che vanno in parallelo. Perché chiaramente, se agiamo sulle tariffe, andiamo a influenzare entrambi. Tornando su quali sono gli indici più interessanti da prendere in considerazione, anche noi, andando sempre di più verso un approccio da general provider, ci poniamo questa domanda. Però, per il momento, i nostri indici di Time Utilization sono ancora basati su un calcolo di 262 giorni all’anno, che è un po’ una convenzione diffusa tra molti noleggiatori a livello internazionale. Come ti ho detto, ci stiamo ponendo la domanda, perché CGTE filiale noleggioandando su un approccio da general provider se ne può discutere.

Quand’è che il vostro Time Utilization diventa un indicatore di rischio della cattiva qualità offerta ai clienti?

Come dicevi prima, Time Utilization e Financial Utilization sono diversi a seconda dei segmenti di flotta, ossia delle famiglie e sottofamiglie di macchine. È chiaro che certe possono avere un basso tasso di utilizzo ma un tasso finanziario abbastanza buono, quindi dipende da caso a caso. È difficile dare una regola fissa.

Una domanda sulle strategie di crescita: arrivando da numeri così imponenti, quali saranno i driver su cui potrete crescere ancora?

Diciamo che un tipo di crescita può essere quella endogena, che è data da un aumento delle attività sulla base esistente. Tuttavia, cercare un aumento principalmente mediante una progressione della quota di mercato, è spesso pericoloso e caro, e può scatenare anche una lotta di prezzi che non è quello che cerchiamo. Direi piuttosto che è preferibile cercare la crescita con nuovi segmenti e nuove applicazioni, portando delle soluzioni ai clienti.  Poi, c’è anche una crescita che possiamo definire esogena, che può arrivare o con l’apertura di nuove filiali.

Il presidio territoriale, insomma…

Sì, però lo puoi fare sia con delle aperture, sia con acquisizioni.

Avete già fatto alcune acquisizioni, quindi per voi non cambia la sostanza, no?

Io sono arrivato all’idea che, tutto sommato, il costo non è molto diverso tra aperture e acquisizioni. Quello che cambia è da un lato i tempi di sviluppo, perché le aperture, un sistema di green field, richiede un certo tempo prima di portare le nuove filiali a livello di crociera. Le acquisizioni invece, permettono di guadagnare tempo, però hanno anche delle esigenze specifiche, come il dover integrare la cultura dell’impresa che acquista con quella dell’impresa che vende. E anche questa è una sfida che richiede tolleranza, rispetto e alla fine anche una certa quantità di tempo. Per cui sono due alternative che direi dipendono un po’ da caso a caso. Può darsi che in certe località dove non siamo presenti o in certi segmenti di mercato, si possa scegliere una politica di acquisto. Mentre invece in zone dove siamo più presenti o più vicini a nostre basi, o in segmenti di attività dove abbiamo una maggiore esperienza, una soluzione di nuove aperture possa essere privilegiata.

Ci sarebbero molti altri temi di cui parlare, la parte difficile di un’intervista come questa è doverli selezionare. Sulla base degli argomenti che abbiamo toccato fin qui, vorresti toccare tu qualche elemento che ti consente di dire qualcosa in più?

Io ho consacrato al noleggio una buona parte della mia vita, e il noleggio è un’attività formidabile e veramente entusiasmante. Quando uno entra in questo settore, o ne esce rapidamente oppure lo adotta completamente. Io trovo che il noleggio sia una passione. Ci sono ancora immensi spazi verdi, nel senso che il noleggio ha una penetrazione ancora molto limitata. In certi paesi, come quelli nordici, è fino a tre volte superiore a quella che abbiamo in Italia. E anche lì c’è ancora spazio. Quindi è una passione sostenuta da un mercato grande e in forte espansione.

Ah, sul tema della passione per il noleggio con me sfondi una porta aperta…

Poi una cosa che io ho sempre trovato è che in qualsiasi attività uno operi è raro che quasi tutti siano dei clienti potenziali. Per noi noleggiatori è un cliente potenziale l’impresa di costruzioni, ma anche l’aeroporto, l’ospedale, il paesaggista o il comune. Per di più con necessità che si rinnovano giornalmente. I clienti potenziali in un paese come l’Italia possono essere, non so, un milione, due milioni? In tanti settori, un commerciale – io alla fine mi sento molto un commerciale – quando esce di casa la mattina, ha un panorama di clienti molto limitato. Io invece potrei fare una strada e fermarmi quasi a ogni porta. Anche se sono in un piccolo paese di qualche migliaio di abitanti, potrei passarci due, tre o quattro giorni a suonare i campanelli e a fare della prospezione. Trovo che questo sia meraviglioso.

Sono d’accordo, ma qualcuno è ancora convinto che il forte attaccamento alla proprietà degli italiani sia sempre un limite…

L’Italia è un paese in cui il noleggio si sviluppa comunque, è un paese meraviglioso, abbiamo dei clienti formidabili e anche dei colleghi formidabili, sia all’interno della nostra azienda che inteso come colleghi noleggiatori. È una cosa meravigliosa, dovremmo prendere le cose con entusiasmo, sorriso, buona volontà… C’è veramente molto da fare prima di scannarsi sui prezzi o cercare di rubarsi i collaboratori a destra o a sinistra.CGTE noleggio cliente

Che origine ha questo gap che ci separa ancora dai paesi in cui il noleggio è più sviluppato?

È un insieme di cose. I punti su cui riflettere sono tanti. Diciamo che il noleggio in Italia, rispetto ad alcuni altri paesi, si è mosso più tardi. E questo è già un elemento. Quando poi si è mosso, alcuni degli operatori che facevano da faro nei primi anni del noleggio forse non avevano tutta la solidità finanziaria necessaria. Il noleggio è un mestiere di grossi investimenti, richiede disponibilità economica, ma anche una grande disciplina finanziaria.

Sono d’accordo, mi chiedo sempre perché da noi l’attività di noleggio nasca spesso a margine di qualcos’altro e in strutture piccolissime…

Non solo. Parlavamo prima del fatto che è importante avere degli ammortamenti; noi abbiamo delle politiche di ammortamento molto rapide e aggressive, teniamo una flotta molto giovane, anche al di là delle medie, che di per sé vogliono dire poco, perché in realtà bisogna sapere entro quanti anni vengono veramente vendute certe macchine. Quindi sì che entrano in gioco elementi come gli ammortamenti, la durata di vita dei parchi, la programmazione, il valore residuo o anche la questione dell’indebitamento…e quando il mercato italiano ha cominciato a decollare, alcune delle società presenti in quel momento sono state molto toccate dalla crisi partita nel 2008, e quindi è stato come un aereo che decollava con una riserva di carburante limitata. E appena sono arrivate le perturbazioni l’aereo ha consumato un po’ troppo carburante e magari o si è schiacciato al suolo o ha dovuto prendere una rotta un po’ più prudente.

In quel periodo le banche non avevano un atteggiamento positivo nei confronti dei noleggiatori, adesso le cose sono un po’ cambiate…

Sì, sono cambiate, ma non è che facciano proprio a gomitate per aiutare a finanziarci. Per cui direi che disporre di finanziamenti adeguati rimane certamente un atout, in un mercato che chiaramente è di heavy investment.

Le strutture finanziarie italiane si basano sempre sull’analisi dei bilanci degli anni passati e non sui piani di business o i forecast. Quindi, permane l’handicap…

E devi comunque rispettare anche una certa proporzione di indebitamento. Un leverage molto alto permette sia uno sviluppo rapido sia una profittabilità e una redditività dei fondi propri a breve termine importante, però ti rende chiaramente più fragile. Noi abbiamo scelto delle politiche finanziarie e di gestione sempre estremamente prudenti, nell’interesse della società, dei collaboratori, degli azionisti, ma in fondo anche dei clienti. Perché il cliente deve avere la garanzia di poter disporre, a lungo termine, di macchine recenti e ben mantenute.

Anche la fidelizzazione dei clienti è legata alla solidità. In questo senso, come vedi CGTE tra cinque anni?

Noi stiamo sviluppando una forma di noleggio che definirei moderna. Prima parlavamo dell’approccio da general provider, lo stiamo sviluppando sia in Italia sia in altri paesi in cui è presente il Gruppo Tesya. Nei prossimi anni avremo dunque un aumento anche della copertura geografica.

Una vocazione internazionale?

Certamente, stiamo andando verso una vocazione internazionale, contemporaneamente a uno sviluppo merceologico in segmenti di mercato con un approccio molto market-oriented più che product-oriented, andando a toccare dei mondi completamente nuovi. Da un lato quindi avremo un’espansione geografica, e dall’altro l’espansione merceologica, della gamma. Le due cose dovrebbero permetterci di continuare una progressione sostenuta e profittevole. Perché non vogliamo espanderci tanto per espanderci, ma ampliare la proposta di servizi alla clientela. Tra cinque anni non vorremmo essere solo ciò che siamo oggi, cioè il leader sul mercato italiano, ma un player regionale rilevante, almeno in una parte dell’Europa.

Se mi permetti la definizione poco ortodossa, mi pare che tu sia un asset fondamentale per CGTE, per l’insieme del tuo know-how, la passione, l’esperienza, eccetera. L’ultima domanda quindi la faccio a te personalmente. Come ti vedi tra cinque anni?

Io ho avuto un’azienda individuale di noleggio e ho dei meravigliosi ricordi di questa esperienza imprenditoriale. Ma uno dei limiti delle società di quel tipo, che comunque hanno tanti vantaggi perché sono anche rapide e molto dinamiche, è che spesso basano tutto su una persona singola, un po’ un one man show, mentre noi come società operativa del Gruppo Tesya abbiamo un management professionale e qualificato. Ci sono persone qui che sono certamente migliori di me sul noleggio, per cui io non vedo il mio futuro come quello di un elemento determinante per CGTE. Per ciò che mi riguarda personalmente invece mi vedrei molto bene, un giorno ancora molto lontano, su un’isoletta bella e con il mare caldo.

Mi hai chiesto come vedo il mio futuro, direi che idealmente mi vedrei così.

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