I tassisti di numerose città in tutto il mondo da alcuni mesi stanno dando battaglia a servizi di condivisione delle vetture come Uber e Lyft, sostenendo che essi costituiscono servizi illegali e non regolati, poco sicuri per i clienti e che non tutelano i guidatori. Uber e soci (oltre che alcuni economisti e pensatori liberali) controbattono che l’ostilità dei tassisti non ha a cuore i consumatori, ma solo la propria posizione di rendita monopolistica.
Ma che cosa succederà ai tassisti quando i loro concorrenti diretti saranno non altri guidatori imprenditori in proprio, ma gli stessi clienti?
Sto parlando ovviamente dei sistemi di car sharing puro, quelli dove il guidatore può usare una vettura della flotta messa a disposizione dal gestore per tutto il tempo in cui gli serve. Fintanto che questi servizi (nati negli anni ’90) richiedevano di riportare la macchina al punto in cui è stata presa, non erano molto comodi. Ma oggi i servizi dove la macchina può essere lasciata in un qualunque punto di riconsegna (come Car2Go ed Enjoy di Eni), sono decisamente più comodi, almeno in ambito urbano, specialmente se il gestore ha stretto contratti con l’amministrazione comunale per consentire alle sue vetture la sosta nei parcheggi a pagamento o per residenti. Come per il bike sharing, è possibile ad esempio usare la vettura per andare a un appuntamento e poi tornare con i mezzi pubblici, o a piedi.
Ogni vettura può quindi essere guidata per il periodo di tempo necessario, con tariffe basate sul tempo (al minuto, all’ora o al giorno) e maggiorazioni per il numero di chilometri percorsi. L’ambito di guida è limitato alla città di partenza, ma si può anche uscire temporaneamente dai suoi confini a patto che la riconsegna del mezzo al termine del noleggio avvenga al loro interno.
Car2Go a Milano fa pagare 29 centesimi al minuto, oppure 14,90 euro all’ora, oppure 59 euro al giorno al massimo. Se si superano i 50 chilometri di guida si applica una maggiorazione di 29 centesimi al chilometro. All’iscrizione si paga una quota di 19 euro.
EniJoy costa 25 centesimi al minuto per l’uso in movimento e 10 centesimi al minuto per la sosta, più 25 centesimi al chilometro dopo i primi 50. La tariffa massima giornaliera è di 60 euro, e non esistono quote di iscrizione.
Entrambi i servizi non fanno pagare per le soste nelle strisce blu, l’accesso all’Area C a Milano, il carburante o l’assicurazione (ma ovviamente ci sono tariffe aggiuntive per eventuali inconvenienti nella gestione del veicolo).
Car sharing Vs. taxi
Molti tra coloro che leggono questo blog saranno forse interessati a fare le valutazioni necessarie a capire se servizi di questo genere (magari combinati a un noleggio tradizionale per le vacanze estive o i fine settimana) possono sostituire definitivamente il possesso di una vettura. Molte, troppe variabili rientrerebbero in questo calcolo, per cui lo lasciamo magari per un articolo futuro.
Oggi a me interessa invece farne una leggermente diversa, che confronta questo servizio con l’alternativa del taxi tradizionale.
Per chi ha la patente, l’adesione a un servizio di car sharing è decisamente conveniente rispetto all’uso del taxi. A Milano, un tragitto di 25 minuti in un giorno feriale costa con Car2Go poco meno di 7,5 euro; fare il medesimo calcolo sull’uso di un taxi è impossibile (le tariffe per la città di Milano sono indicate qui), ma solo per salirci sopra dal parcheggio si pagano 3,2 euro. Ai fini di questo rapido confronto sto considerando affondato il costo iniziale di adesione a Car2Go di 19 euro (che però nel caso di Enjoy non esiste). A ulteriore vantaggio c’è da aggiungere che il taxi chiamato per telefono arriva con il tassametro già in funzione, mentre la prenotazione fino a 30 minuti prima di accedere alla vettura è gratuita.
Come per Uber, anche nel caso del car sharing ogni servizio ha ideato e sviluppato un’App per smartphone che consente di verificare il proprio stato, controllare la presenza di auto libere nelle vicinanze (e prenotarle con un anticipo che arriva ai 30minuti) e gestire il servizio. La presenza delle App rende molto più facile approfittare di questi servizi. Se il numero di automobili è sufficientemente elevato (a Milano Car2Go ha 450Smart ed EniJoy 650 vetture Fiat 500 e 500L), diventa possibile usarle davvero in sostituzione del servizio taxi.
Di certo il servizio di car sharing ha qualche svantaggio rispetto ai taxi ce l’ha: se è vero che non si paga la prenotazione, d’altra parte non è detto che la macchina sia parcheggiata vicino a casa o al proprio ufficio (anche se nella maggior parte dei casi dovrebbe bastare una breve passeggiata per raggiungerla). E poi non c’è un autista che affronta il traffico al posto nostro, ma è il cliente a dover guidare, e ad esempio a dover caricare e scaricare le valigie dal bagagliaio. Ovviamente il car sharing non è per tutti: chi non sa guidare o è anziano non può o non intende usare questo servizio.
Ma, da un punto di vista più strategico, questi strumenti mettono a disposizione dei consumatori un’alternativa rilevante per la mobilità urbana. I gestori (siano essi Eni o Daimler-Chrysler) hanno investito nelle vetture e nei necessari permessi e regolamenti e assicurazioni: il loro servizio è perfettamente in regola con la legge; i loro dipendenti non sono guidatori, ma al più coordinatori del servizio e manutentori delle automobili. I clienti sono tutelati da assicurazioni in regola e vengono controllati mediante la verifica delle loro patenti.
Un altro servizio del consumo condiviso quindi potrebbe sostituire il tradizionale taxi, almeno per certe fasce di clientela. Se i cittadini e i consumatori si renderanno conto di questo, attaccare il car sharing sul fronte della tutela dei consumatori o dei lavoratori sarà abbastanza inutile: che cosa faranno allora le lobby dei tassisti?