Nel 1940 Henry Ford dichiarò con grande certezza che, anche se sembrava impossibile, sarebbe presto stato inventato un veicolo che unisce l’auto all’aeroplano. Oggi, a ottant’anni di distanza, la profezia di Ford deve ancora realizzarsi, e il futuro del mondo dei trasporti sembra legato a qualcosa di molto più terreno: il carpooling.
Il carpooling, ossia l’uso dello stesso veicolo da parte di più persone che vanno nello stesso posto, non è una novità. I vantaggi del carpooling sono noti a tutti:
- il costo del viaggio è molto inferiore, sia per chi ci mette l’auto che per i passeggeri;
- viaggiando insieme ci si fa compagnia, e si possono fare nuove amicizie;
- condividendo la vettura, ovviamente, si tolgono altri veicoli dalla strada, riducendo traffico, consumi e inquinamento, ma con la comodità di andare da un posto all’altro senza le limitazioni di servizio che offrono i sistemi di trasporto tradizionali (treno o autobus).
Oltre alle forme auto-organizzate presenti sporadicamente da anni nell’esperienza di alcuni lavoratori, più recentemente questa forma di trasporto è diventata il modello di business di numerosi operatori della sharing economy: il primo e più famoso è BlaBlaCar, ma anche Uber, Lyft, Didi Chuxing e Sidecar hanno lanciato le loro formule in alcune città del proprio paese di origine.
Tuttavia, negli USA è nata qualche mese fa un’altra start-up, Bridj, che a Boston e Kansas City propone un modello ancora più innovativo.
Bridj raccoglie e analizza dati provenienti da varie fonti, come Google Earth, Facebook e gli archivi censuari e del Comune in cui opera, per capire dove la gente vive e lavora. I risultati sono usati per creare percorsi che rispondono perfettamente o quasi alle esigenze degli utenti, invece che costringerli ad adattarsi a percorsi fissi predefiniti. Man mano che le persone aderiscono al sistema, inserendo i propri punti di partenza arrivo, la piattaforma diventa sempre più “intelligente” nel fornire i tragitti più brevi. I creatori del sistema sono anche in grado di prevedere alcuni percorsi particolarmente gettonati in alcuni momenti, basandosi ad esempio sulla presenza di eventi come concerti e gare sportive.
Bridj poi organizza il suo trasporto con un autobus da 15 posti, in grado di andare da una parte all’altra della città con tempi che stima essere in media inferiori dal 40% al 60% di quelli dei sistemi di trasporto pubblico locale, grazie all’assenza di coincidenze da aspettare e al minor numero di fermate. Grazie alla sua App il servizio si può prenotare con giorni di anticipo, e il prezzo è chiaro fin dalla prenotazione. L’autobus non ha posti in piedi, per cui chi usa il servizio è sicuro di potersi sedere.
I costi di Bridj
Il costo per ciascun viaggio varia in funzione della sua durata, ed è superiore a quello di un biglietto dei mezzi pubblici, ma molto inferiore a quello di un taxi.
Bridj non crea le tensioni associate ad altri servizi di ride sharing (come Uber) poiché lavora con aziende private di autobus locali (che sono quindi già presenti sul mercato).
Tuttavia la presenza di servizi alternativi alle reti pubbliche potrebbe alla lunga distorcere il mercato, togliendo passeggeri alle linee pubbliche e quindi riducendo l’economicità complessiva per le casse comunali. Il risultato sarebbe un ulteriore incentivo per servizi come Bridj, che però sono alla portata di persone mediamente più ricche, e invece una penalizzazione dei servizi tradizionali, che per i cittadini meno abbienti sono l’unica opzione che si possono permettere.
Anche per questo a Kansas City Bridj lavora con l’azienda locali dei servizi di trasporto, in una iniziativa mista pubblico-privata tra le prime in questo settore.
Creare sistemi di collegamento più efficienti grazie ai sistemi software non è particolarmente sexy, ma potrebbe essere davvero rivoluzionario, quasi quanto un aereo personale, in termini di risparmio per la collettività e per l’ambiente.
La speranza è che questa rivoluzione aiuti tutti i cittadini e non solo alcune fasce più ricche.