Se il 2017 non ha brillato, le prospettive per questo 2018 sono alquanto nebulose, anche se l’Ance, mantenendo la sua tenace positività, confida in un sostanziale miglioramento della situazione. L’Associazione dei costruttori edili mette in luce anche l’imbarazzante l’atteggiamento della Pubblica Amministrazione, ulteriore freno alla ripresa. Il problema, infatti, è essenzialmente politico, e per “politico” ci mettiamo dentro tutto: dai risultati delle appena trascorse elezioni (che non hanno eletto) fino a quella palla al piede del’imprenditorialità nostrana che è rappresentata dalla Pubblica amministrazione.
Numeri deprimenti
Da un lato, i politici annunciano tronfi investimenti di qua e di là; dall’altro, i ragionieri dello stato gettano acqua sul fuoco della speranza. In questo senso, la recente “congiunturale” del’Ance è molto chiara: nel 2017 investimenti in costruzioni -0,1% (in dieci anni, persi 60 miliardi di investimenti in infrastrutture). Lavori pubblici (-3%). Riduzione della spesa per investimenti in opere pubbliche da parte dei comuni (-,4%). Investimenti nella nuova edilizia abitativa (-0,7%). Finanziamenti alle imprese per investimenti in costruzioni (-1,5%). Per ora, fermiamoci qui sennò ci viene la depressione. A questo punto, una cosa appare chiara: la crisi per certi settori della nostra economia e della nostra imprenditorialità non è per niente terminata. Il malessere dura da dieci anni. Ci dicono che finalmente si vede la fine del tunnel, però non si riesce ad arrivare, alla fine del tunnel.
Dice l’Ance: “l’inefficienza delle procedure di spesa della PA ha annullato gli obiettivi prefissati dalle scelte di politica economica”. Siccome a pensare male si fa peccato, ma il più delle volte ci prendi, non è impossibile un accordo fra i poliziotti buoni (politici) e quelli cattivi (amministratori), anche perché siamo un paese che non sa crescere, un paese che ha un debito pubblico del 130%, un paese che sperpera i soldi pubblici per pagare le infrazioni a Bruxelles, e tante altre nefandezze che probabilmente non meritiamo.
Chi sopporta questa crisi
Ogni epoca ha i suoi eroi. In questo momento, i nostri eroi nazionali sono gli imprenditori, massacrati dai costi del lavoro e dalle tasse. Un’altra categoria eroica è quella dei proprietari di case, veri e propri bancomat a cielo aperto, che dall’inizio della crisi, se è andata bene, hanno oltretutto visto scendere il valore dei loro investimenti mediamente del 30% e più. Per forza il mercato immobiliare è in ripresa, le case sono oggi molto più accessibili. Bene per chi compra, male per chi vende. E bene, sempre, per la ristrutturazione. Negli ultimi dieci anni, il mercato della manutenzione edilizia ha raggranellato una crescita del 20,9%. Tutto il resto è delirio puro: investimenti in costruzioni -36,5%; nuove costruzioni – 64,2%. È palese che l’onesto e orgoglioso +20,9% della ristrutturazione non sia in grado di sostenere una crescita plausibile, e nemmeno glielo si può chiedere.
E gli spiragli di luce?
L’Ance ha titolato il suo Osservatorio congiunturale sull’industria delle costruzioni: “un anno di crescita andato in fumo”. Proprio così, e purtroppo non è il primo anno che vede questo settore navigare in mezzo alle cortine fumogene. La parola d’ordine è però “prima o poi ne verremo fuori” e infatti l’Associazione dei costruttori annuncia coraggiosamente dati migliori per questo 2018. Andiamo a elencare: il totale degli investi in costruzioni dovrebbe arrivare al +2,4%. Grande fiducia, quindi, sulla ripresa dei lavori pubblici. Non va inoltre dimenticato che lo scorso anno l’arrivo in pompa magna del nuoco Codice degli Appalti, con tutte le sue contraddizioni ancora non completamente risolte, ha di fatto bloccato l’attività. Con quali risorse, non ci è dato sapere, ma condividere la speranza male non può fare. La misera crescita di quest’anno del comparto delle nuove costruzioni (+0,1%) dovrebbe consolidarsi in un più congruo +1,7% (nuove politiche per la casa? Housing sociale? Migliore accesso al credito? Vedremo).
La ristrutturazione, (+0,5% nel 2017, in ossequio alla tradizione del piccoli passi avanti e consolidati) dovrebbe raggiungere un non impossibile +1,3%. Anche il non residenziale dovrebbe portare segnali positivi nell’ordine del 2 o 3%.
Rimane sempre l’incognita PA di cui sopra, perché i finanziamenti alle imprese per investimenti in costruzioni, dal 2007 al 2016 sono diminuiti del 70%, e il trend non pare positivo. C’è poi un’altra questione (che è fonte di imbarazzo e incredulità per chi sta compilando queste note) che riguarda i rapporti fra le imprese che hanno risposto al questionario dell’Ance, relativamente agli atteggiamenti della PA riguardo fatturazioni e pagamenti. In sostanza, al 69% delle imprese è stato chiesto di ritardare l’emissione dei SAL (Stato Avanzamento Lavori) o l’invio della fattura; al 60% delle imprese è stato chiesto di accettare, in sede di contatto, tempi di pagamento superiori ai 60 giorni; al 37% delle imprese è stato chiesto di rinunciare agli interessi di mora in caso di ritardo. E questi sono i casi più gravi. Il 90% delle imprese segnala almeno una delle prime due prassi; il 92% almeno una di queste tre prassi.
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