Abbiamo già parlato qualche tempo fa di Airbnb, una delle startup di Internet che ultimamente hanno avuto molto successo negli USA. Il sistema proposto da Airbnb è tanto semplice quanto rivoluzionario: il sito consente a chi ha una casa libera per qualche tempo di metterla a disposizione di viaggiatori che vogliono utilizzarla per una o più notti. Un servizio che quindi combina le ultime evoluzioni “sociali” del web con il concetto del consumo condiviso, dell’affitto di ciò che si possiede per i momenti in cui non si può utilizzarlo.
Come funziona Airbnb
Il sito prevede l’anonimato dei partecipanti, ma anche un sistema di verifica e di giudizi tra proprietari e ospiti che dovrebbe scoraggiare comportamenti illegali o sconvenienti. I due contraenti possono contattarsi solo dopo che è stato siglato un accordo online, e Airbnb può quindi incassare l sua commissione: Airbnb chiede infatti un pagamento del 3% del valore dell’affitto all’ospite, e uno variabile dal 6% al 12% al proprietario della casa. Aggiungete un sito veloce, moderno e gradevole dal punto di vista grafico, e avrete il cocktail perfetto per il successo di un’iniziativa che, proprio qualche settimana fa, ha raccolto 112 milioni di dollari di finanziamento da operatori privati, pronti a quotarlo in borsa viste le sue grandi potenzialità di crescita. Attualmente ha già registrato contratti per 2 milioni di notti di pernottamento, e viene valutato circa un miliardo di dollari.
Uno scenario idilliaco che rischia di andare in frantumi dopo la denuncia di una proprietaria, che ha visto la sua casa derubata e distrutta da ladri-vandali. Un colpo durissimo, in primo luogo alla fiducia di questa persona, colpita nei suoi beni più cari e rilevanti dal punto di vista psicologico, ma anche per Airbnb, che non sembra aver gestito bene la situazione. Sembra infatti che l’azienda abbia inizialmente ignorato l’accaduto fino a quando non è esploso il caso su Internet, e poi abbia cercato di mettere tutto a tacere, chiedendo alla proprietaria di chiudere il blog su cui aveva denunciato la cosa.
Tentativi di recupero di fiducia
Ora invece l’azienda sembra essersi attivamente impegnata per la cattura del responsabile, ha ammesso la propria colpa e impreparazione, ha chiesto pubblicamente scusa (attraverso un intervento del suo CEO Brian Chesky), e ha attivato una polizza assicurativa che copre i danni fino a 50.000 dollari, valida anche retroattivamente ai casi come quello che ha scatenato il putiferio. Oltre a questo, ha assicurato che ci saranno nuovi sistemi di monitoraggio di attività sospette e una linea diretta di contatto e supporto per i proprietari.
Su Internet si moltiplicano le opinioni di chi sostiene che la proprietaria doveva fare controlli accurati sui suoi ospiti, e chi invece sostiene che, implicitamente, Airbnb si assume in parte questa responsabilità, attraverso il proprio sistema di contatto online tra ospiti e proprietari. Analogamente, è acceso il dibattito tra chi sottolinea che si tratta di eccezioni (nonostante Airbnb sia stata piuttosto reticente finora, per cui ci potrebbero essere stati altri casi nascosti in passato), e chi invece non presterebbe mai la propria casa (uno dei beni più preziosi, se non il più prezioso) a quelli che, a tutti gli effetti, sono perfetti sconosciuti.
La domanda più importante per Airbnb resta quindi questa: le sue nuove misure di sicurezza sono sufficienti a renderlo un porto sicuro per i proprietari-noleggiatori? O forse si tratta del limite massimo alla fiducia tra persone che stabiliscono un rapporto di noleggio, oltre cui è difficile andare?