Quando un’azienda cresce fino al livello di una multinazionale presente in decine di paesi, specie se con questo rappresenta quasi da sola un intero settore o modello di business, è quasi impossibile che essa non debba in qualche modo fare i conti con l’opinione pubblica e i rischi di un’esposizione “politica” o politicizzata.
E’ quello che è successo ad Airbnb, il leader globale della condivisione di case e appartamenti, in Israele. Un membro del governo israeliano, Gilad Erdan, ha infatti chiesto pubblicamente un boicottaggio dell’azienda, in risposta alla decisione di Airbnb di cancellare dal suo sito tutte le case offerte nei territori occupati della Cisgiordania.
La richiesta di boicottaggio non riguarda solo gli israeliani, ma è estesa a tutti i paesi amici: ovviamente il riferimento più diretto è agli USA, da sempre vicini a Israele dal punto di vista politico. Nel suo discorso, tenuto durante un incontro di diplomatici, il Ministro ha proposto ai proprietari di case in condivisione di passare invece al rivale di Airbnb, Booking.com.
L’oggetto del contendere
Airbnb aveva in precedenza deciso di rimuovere dalla sua piattaforma circa 200 annunci, acconsentendo alla richiesta dei critici che avevano fatto notare come l’azienda stesse ottenendo profitti in una zona in cui numerose persone sono state costrette ad andarsene dalle loro case contro la loro volontà.
La decisione ha ottenuto il plauso delle autorità palestinesi e di alcune ONG, come Human Rights Watch, che a loro volta hanno chiesto a Booking.com di fare altrettanto. Si sono quindi venuti a creare due fronti contrapposti, lungo le linee della scelta politica di stare, in generale, da una parte o dall’altra.
In tutto questo Airbnb non ha rilasciato commenti in merito alle reazioni dei Ministri israeliani, citando la sua volontà di lavorare comunque nel resto di Israele e, c’è da dire, anche in altre aree del paese oggetto di contestazione a livello internazionale, come Gerusalemme Est o le alture del Golan. L’azienda ha oltre 22.000 iscritti alla sua piattaforma in Israele, e pertanto ha rilasciato dichiarazioni concilianti in merito.
Una battaglia legale?
Il Ministro della Giustizia israeliano Ayelet Shaked si è schierato a fianco del collega nel chiedere il boicottaggio di Airbnb, e ha minacciato di utilizzare anche le proprie leggi anti-discriminazione.
Da un lato, infatti, potrebbe utilizzare una legge israeliana del 2017 che consente di chiedere un indennizzo a chi si è sentito discriminato per la propria origine.
Ma più ancora, l’amministrazione israeliana potrebbe rivolgersi al governo americano o intentare causa in alcuni degli stati USA che hanno adottato leggi contro i boicottaggi anti-israeliani.
In entrambi i casi, vista anche la scarsa simpatia mostrata dal presidente Trump verso le imprese della Silicon Valley, le conseguenze legali o di immagine per Airbnb potrebbero essere decisamente fastidiose.