L’ultima rilevazione mensile dell’indice PMI (Production Manufacturing Index) della società di ricerca Markit Economics segnala che a Marzo l’indice finale della produzione dell’industria nell’Eurozona è salito a 52,2 da 51,0 di Febbraio. Grazie all’espansione dei nuovi ordini, la produzione manifatturiera italiana accelera al valore più alto in dieci mesi. Si rafforza ulteriormente la performance del settore con le aziende campione che hanno aumentato i loro livelli occupazionali al tasso più veloce da più di tre anni e mezzo a questa parte.
A livello europeo, il PMI si posiziona ai massimi da dieci mesi e resta in territorio di espansione dal luglio 2013 (ricordo che un valore sopra 50 indica una espansione dell’attività delle aziende). Ancora meglio dell’Italia fanno, come spesso negli ultimi mesi, Irlanda e Spagna, ma il nostro Paese registra un livello di ottimismo e risultati migliori di quelli di Germania e Paesi Bassi. Brutte notizie arrivano invece da Francia, Grecia e Austria.
L’indagine di Marzo ha osservato l’aumento maggiore dei nuovi ordini, inclusi quelli del commercio intra eurozona, dall’Aprile 2014. Le imprese intervistate hanno riportato come la maggiore debolezza dell’euro è stato il fattore principale alla base dei maggiori ordini destinati al mercato estero.
Sempre secondo Markit Economics, la crescita dell’attività e degli ordini sta portando con sé anche una crescita dell’occupazione. Aumenta infatti, per il settimo mese consecutivo, l’occupazione nel settore manifatturiero, anche in Italia. Sembra infatti che grazie ai maggiori ordini ricevuti alcune aziende abbiano registrato un lieve accumulo di commesse inevase per la prima volta in 11 mesi.
L’indebolimento dell’euro sembra infine avere un impatto positivo non solo sulle esportazioni, ma anche sui prezzi: le aziende segnalano aumenti dei costi, specialmente nelle importazioni, che potrebbero trasferirsi sui prezzi di vendita nei prossimi mesi. Questo può non essere a prima vista un vantaggio per i consumatori finali (tutti amano risparmiare), ma in realtà è un beneficio importante nel momento in cui contribuisce a ridurre il rischio della deflazione, nemico pubblico numero uno sul fronte macroeconomico.