A parlare male si fa peccato?

Aumenta la corruzione nella sicurezza sul lavoro
Aumenta la corruzione nella sicurezza sul lavoro

Nel 1989 una vita di lavoro poteva durare circa 35 anni. Poi ci si godeva la pensione, si fa per dire. Ora è tutto diverso, perché la politica ha deciso, nel giro di qualche manovra, che a pagare i dissesti della Pubblica Amministrazione debbano essere solo le persone che lavorano.

 

Di anno in anno, si è fatto più complicato immaginarsi di abbandonare la vita produttiva in tempi normali, sempre ammesso che uno il lavoro ce l’abbia ancora, ovviamente. Anzi, in questo nuovo contesto, con una disoccupazione giovanile quasi al 50%, sono i vecchi a doversi spesso accollare il mantenimento di più di una famiglia. Lo vuole l’Europa, lo vogliono i mercati, non so chi lo voglia precisamente, ma il mondo ha cominciato ad andare a due velocità. Qualcuno dice, infatti, che è populismo affermare che politica e malaffare vadano ormai a braccetto alla luce del sole; ma anche ad altri livelli si nota che qualcosa non torna. Banchieri che si assegnano stipendi esorbitanti, tanto se le loro banche falliranno pagherà la collettività; sindaci che vanno in galera per infiltrazioni mafiose, e così via.

Anche fare il funzionario ministeriale poteva rivelarsi un buon affare. A fianco dello stipendio, che immagino comunque dignitoso, qualcuno poteva “arrotondare” con collaborazioni varie e qualche entrata fantasiosa. Come ha fatto dal 1989 (per oltre 27 anni quindi, quasi una vita professionale) Michele Candreva, dirigente del Ministero del Lavoro, che molti lettori di questo portale avranno di sicuro ascoltato pubblicamente raccontare con quale dedizione si occupasse di redigere le norme sulla sicurezza, da cui dipendevano la salute delle imprese e dei lavoratori. Balzato alla ribalta qualche mese fa per le tangenti intascate dalla Pilosio, con cui “collaborava” al fine di agevolare e concedere alcune cosette (per i dettagli vi rimando alle indagini già pubblicate) il solerte funzionario è tornato in auge in questi giorni a seguito dell’esito di un’altra indagine, portata avanti dalla procura di Piacenza. Eravamo rimasti ai 2,4 milioni di euro già accertati, ma ci tocca aggiornare ora il tesoretto del funzionario: a “titolo di ricompensa” – riporta la stampa locale – Candreva avrebbe ottenuto, dal 2011 in poi, 15 mila euro in contanti, 22 soggiorni in due hotel di lusso per circa 3mila euro, biglietti per i treni Frecciarossa per 1600 euro, buoni benzina per 3mila euro, e poi pranzi e cene durante la permanenza nella città piacentina (una delle tante frequentate, supponiamo).

Per la cronaca, il recente nuovo arresto di Candreva è accompagnato da quello di un’altra vecchia conoscenza nel settore, l’ex funzionario ASL Leone Pera, diventato ora imprenditore e consulente proprio per gli adempimenti sulla sicurezza e sulle verifiche periodiche cui le imprese del settore o proprietarie di macchine, fra cui parecchi noleggiatori, sono sottoposte. Entrambi si trovano ai domiciliari e dovranno rispondere di induzione indebita, falso ideologico commesso in atto pubblico, truffa ai danni dello Stato e sostituzione di persone.

Discretamente interessante la posizione di Pera: imprenditore titolato dalle norme (scritte anche da Candreva) a certificare le attrezzature sottoposte a verifiche periodiche volte a valutarne lo stato di conservazione ed efficienza. Autorizzazione che la sua società ha ottenuto da una commissione in cui sedeva anche, indovinate chi…

Si muore di più sul lavoro

morti sul lavoroTutto questo, mentre si continua a morire sul lavoro. Anzi, si muore con maggiore frequenza come emerge dai dati diffusi dall’INAIL: infatti, incidenti e morti sono aumentati entrambi nei primi sette mesi dell’anno, rispettivamente dell’1,3 e del 5,2%. Come dire, è bastata una piccola ripresa del lavoro per tornare a registrare dei morti (che qualcuno continua a definire “bianche”).

A inizio settembre, a Settimo Milanese, un uomo è stato schiacciato da una pressa in un’azienda di componenti meccanici. Nello stesso giorno, a Roccavione (Cuneo), un altro è stato stritolato dal macchinario di una cartiera. Tre giorni dopo, a Presicce (Lecce), un operaio è precipitato da otto metri mentre stava lavorando sul tetto di un capannone. Lo stesso giorno, a Oppeano (Verona), un altro morto, stavolta colpito dal gancio metallico sospeso di un’acciaieria. Dopo appena due giorni, a Milano, uno è finito schiacciato da un ponteggio crollato improvvisamente all’interno di un cantiere edile. Senza dimenticare i due lucchesi precipitati qualche settimana fa dalla cesta di una PLE dopo la rottura del braccio.

Tra gennaio e luglio, gli incidenti sul lavoro denunciati sono stati 380.236, contro i 375.486 degli stessi mesi di un anno fa.

I morti sono saliti da 562 a 591, ventinove in più. Quasi due al giorno.

Pensieri e parole

Non so a voi, ma se affianco le due notizie a me, personalmente, si gela il sangue. Dirigenti che con una mano firmano norme e adempimenti sulla sicurezza e con l’altra intascano somme di denaro spropositate per permettere a chi paga sottobanco di eluderle, a fianco di operai che muoiono senza una reale spiegazione. E se ci fosse una diretta correlazione?

Fatta salva la pietà che è dovuta per qualsiasi essere umano, qui però bisogna decidere da che parte stare, perché c’è un dopo che non è mai cominciato. Un dopo in cui il silenzio per convenienza e l’omertà ambigua ci vedrebbero complici. “Così vanno le cose, così devono andare” cantava Giovanni Lindo Ferretti. E invece no, devono andare in un altro modo, cioè in modo normale e trasparente. E da qualche parte si deve pur cominciare, magari appunto spezzando il silenzio.

Ci si è abituati ormai a questo triste andazzo e fare qui ora anche un discorso sulla qualità della formazione obbligatoria, sull’applicazione delle norme e sui controlli inesistenti, sarebbe lungo, noioso e pleonastico. In questo momento mi passano davanti solo i volti di quegli imprenditori – e ne conosco tanti nell’ambito della sicurezza – che hanno sempre messo davanti a qualsiasi altra cosa la loro fame di denaro. Una fame vampiresca, un comportamento continuo che, a paragone, i pirati sembravano dei cherubini e serafini, ve lo posso assicurare. Ma, tanto, li conoscete anche voi. Ecco, vogliamo cominciare a chiamarli conniventi?

A pensare male, quindi si fa peccato, si diceva una volta, anche se alla fine ci azzecchi quasi sempre. Ma anche a dire ciò che pensi passi per quello che ogni volta fa polemica. Sia quando fai emergere cose come queste, sia quando fai notare cose di minore portata. Se tu parli bene di tutti, tutti sono tuoi amici, e ti stimano a vita. Se fai emergere una qualche mancanza, se ti permetti di fare un’osservazione, allora tradisci la loro fiducia. E magari hai pure ragione, o volevi solo fare loro del bene, come certi genitori quando riprendono i figli. Oggi non ci si può permettere di riprendere più nessuno: la gente preferisce essere adulata, anche sapendo che poi ti parleranno ugualmente alle spalle, e lo faranno proprio quelli che si definiscono tuoi “amici”. La trasparenza, la correttezza, la verità, alla fine le paghi in prima persona. Mi spiace, non è la fiducia a essere tradita, semmai il bisogno di omertà; e allora semplicemente ci dichiariamo diversi.

Nella vita occorre scegliere da che parte stare e i miei genitori mi hanno insegnato a stare dalla parte di chi è più debole. Entrambi avrebbero preferito rischiare di morire in un cantiere piuttosto che rischiare la galera per aver rubato.

Ma i tempi sono cambiati. Chissà quanti, tra quelli che stanno leggendo, hanno ossequiato i funzionari indagati, sperando in cambio di ottenere qualcosa. E chissà quanti, imprenditori o uomini di sicurezza, questa bestia divoratrice se le tengono dentro o permettono che abiti in casa propria, per convenienza.

Tag dell'articolo: sicurezza

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