Il report annuale della RIAA costituisce una fotografia del mercato musicale americano. Per il 2016, questa fotografia ha come soggetto centrale lo streaming. Le piattaforme di streaming hanno infatti generato la maggioranza dei ricavi nel settore musicale americano, arrivando per la prima volta a una quota del 51%. Questo valore include i ricavi dei servizi in abbonamento, di quelli di ascolto libero in stile radiofonico, e di quelli gratuiti per gli utenti e basati su pubblicità. Lo streaming di musica abbatte quindi un record dopo l’altro e diventa sempre di più la fonte di ricavi da cui, almeno negli USA, dipende il mercato discografico.
Nel complesso, il mercato discografico americano ha registrato ricavi per 7,7 miliardi di dollari. La crescita è stata decisamente positiva, e pari all’11,4% rispetto al 2015. La quota di mercato delle varie fonti di streaming è salita del 68% rispetto all’anno precedente, arrivando a 3,9 miliardi di dollari. Tale quota è letteralmente esplosa negli ultimi anni, dato che nel 2011 essa valeva solo il 9% del mercato.
I servizi di streaming in abbonamento sono stati l’elemento centrale della crescita: i ricavi da abbonamenti sono infatti più che raddoppiati, con una crescita del 114%, e arrivati alla quota di 2,48 miliardi di dollari. Anche il numero di abbonati è cresciuto in modo simile, salendo del 109% e arrivando a 22,6 milioni. Servizi vecchi e nuovi hanno contributo alla crescita. Il 2016 è stato infatti il primo anno in cui la RIAA ha iniziato a tenere traccia di Apple Music, e inoltre è stato l’anno di lancio di servizi a pagamento come Pandora, iHeartRadio e Amazon.
I download di musica digitale e di suonerie hanno mantenuto invariata la propria quota di mercato (pari a circa il 24%), anche se il trend per questo tipo di prodotti è di declino da alcuni anni a questa parte.
Il 2016 è stato ancora una volta un anno difficile per la musica registrata su supporti fisici, che hanno raggiunto una quota di solo il 21,8% del mercato. Questi prodotti hanno visto i propri ricavi calare del 16%, composto da un calo ancora più forte per i CD (-21%) e da una crescita del 4% in controtendenza per i vinili.
Anche se nel complesso la fotografia del 2016 dipinge uno scenario in cui lo streaming diventa sempre più preponderante, il CEO della RIAA ha espresso un parere molto cauto, definendo la crescita del mercato fragile e soggetta a rischi. La principale preoccupazione dell’associazione dei discografici americani risiede infatti nella capacità dello streaming di remunerare correttamente la filiera.
Il problema principale risiede infatti nei servizi basati su pubblicità: secondo l’associazione, alcuni di questi (ad esempio YouTube) remunerano gli artisti troppo poco, mentre quelli basati su abbonamento (come Apple Music e Spotify) li pagano molto di più, anche grazie al fatto che accedono a flussi di ricavi più stabili erogati dai propri utenti.
Se quindi guardiamo al mercato americano come a un modello a cui, sia pure lentamente, si adeguano gli altri mercati europeo e italiano, sembra proprio che il futuro del consumo di musica sia legato sempre di più non al possesso (di supporti fisici o digitali) ma al suo consumo on demand. Sarà poi il mercato a stabilire quanto la domanda dei consumatori, sempre di più abituati a consumare solo ciò che desiderano, quando e dove vogliono, sarà disposta a pagare per questi importanti contenuti.