Perché Facebook non può essere il vostro unico canale digital

Le politiche di Facebook e le scelte delle aziende
Le politiche di Facebook e le scelte delle aziende

Negli ultimi mesi del 2017 Facebook ha avviato un esperimento apparentemente innocuo in 6 paesi apparentemente poco rilevanti (Sri Lanka, Bolivia, Slovacchia, Serbia, Guatemala, Cambogia): l’esperimento consisteva nel togliere dal feed principale delle notizie degli utenti, cioè quello che vediamo tutti i giorni più volte al giorno, i post delle pagine seguite (ossia quelle di cui siamo “fan”). Questi post, che riguardano quindi aziende, associazioni, riviste e giornali, sono stati spostati in una nuova area appositamente creata, chiamata Explore.

Le politiche di Facebook e le scelte delle aziende

Sembrava un test innocuo, appunto, derivante dalla volontà di sperimentare nuove forme di interazione più in linea con i desideri degli utenti, ma anche delle polemiche scoppiate nel 2017, in cui i social network sono stati accusati di favorire la diffusione di notizie false, di manipolare il pubblico e, nella migliore delle ipotesi, di mostrare agli utenti solo notizie e informazioni che rafforzano la loro visione del mondo.

In realtà, per le aziende questo test tanto innocuo non era. E’ stata di fatto cancellata la possibilità di usare Facebook per la promozione c.d. organica (cioè naturale) del proprio sito, delle proprie news e delle proprie offerte con messaggi che arrivano direttamente nelle bacheche degli utenti. Nei feed restavano solo i post di amici e parenti, e quelli a pagamento.

Il giornalista slovacco Filip Struharik, in un post intitolato “Il più grande calo di reach organico che abbiamo mai visto“, ha analizzato gli effetti di questo test, e ha dichiarato che la sua testata stava ottenendo solo un quarto delle interazioni (“Mi piace”, condivisioni e simili) che era solita ottenere prima del cambiamento.

Questo test è già un problema per le aziende, che per anni hanno investito nella creazione e pubblicazione di contenuti originali su Facebook, e talora sulla scriteriata acquisizione di contatti più o meno inutili, solo per inseguire la vanità di avere più “fan” di questo o quel concorrente. Ma c’è di molto peggio.

All’inizio del 2018 Facebook ha infatti annunciato che l’esperimento non è più tale, ma diventerà una modifica stabile del feed di tutti gli utenti del social network.

Dove va Facebook? Verso i soldi…

Al di là delle considerazioni “politiche”, la mossa di Facebook non è che l’ultimo passaggio di una tendenza chiara verso la monetizzazione dei contenuti delle aziende, e ovviamente una monetizzazione dove l’equilibrio è fortemente spostato a favore del social di Mark Zuckerberg.

Penso infatti che possiamo essere tutti d’accordo su questi principi, tra loro collegati.

  1. Facebook non è una onlus, ma un’azienda che ha come obiettivo guadagnare (in modo lecito) quanti più soldi possibile.
  2. Non essendo pagata dagli utenti, per raggiungere l’obiettivo di cui sopra, Facebook deve proporre la maggior quantità possibile di pubblicità, e farsela pagare il più possibile, nei limiti della pazienza e sopportazione degli utenti e dei costi per gli inserzionisti.
  3. Perché per le aziende abbia senso investire su Facebook, il servizio offerto agli utenti deve essere di elevata qualità, altrimenti questi ultimi scappano e non resta nessuno a cui far vedere le pubblicità.

Queste valutazioni strategiche (tutto sommato banali, a ben pensarci) portano a due conseguenze ben precise.

  1. L’eliminazione delle news e degli aggiornamenti “organici” delle aziende dalle bacheche degli utenti, passaggio che abbiamo appena visto essere in corso. Questo perché, salvo poche eccezioni, le aziende si sono concentrate a proporre, riproporre e promuovere i propri contenuti, e non quello che gli utenti potrebbero davvero trovare utile. Sono poche le aziende che hanno cercato di creare una politica di vero content marketing, ossia di erogare contenuti realmente interessanti per utenti: tuttalpiù si sono limitate a creare in qualche caso dei contenuti divertenti e virali, mirando all’effetto wow o al divertimento più che all’utilità.
  2. La ricerca da parte di Facebook di un equilibrio tra la disponibilità delle aziende a spendere di più per la pubblicità (oramai l’unico modo per arrivare alle bacheche degli utenti) e la necessità di non esagerare riempiendo le bacheche di un numero eccessivo di post sponsorizzati.

Da qui si può prevedere lo spostamento della pubblicità o dei sistemi di monetizzazione di Facebook su altri strumenti (Messenger, Whatsapp, Instagram) e l’aumento dei costi per la pubblicità, data la crescita della concorrenza degli inserzionisti per i (relativamente pochi) spazi rimasti disponibili, tendenza già segnalata da diversi siti che seguono il mercato dei social.

Impatto di Facebook su comunicazione aziendale

Guarda caso, a pochi giorni dal cambio del news feed di Facebook, Whatsapp (che è di Facebook al 100%) ha annunciato la sua versione Business, dotata di chatbot e della possibilità per chiunque di abbinarlo al proprio numero di telefono (senza dover comprare uno smartphone solo per quello).

Coincidenze? Non credo proprio!

Costruire la nostra casa su un terreno non nostro

Molte aziende ancora oggi pensano di poter sfruttare Facebook come l’unico canale per raggiungere il proprio pubblico. Hanno di fatto attivato il loro sito web come una mera vetrina della loro offerta e del loro biglietto da visita, e hanno concentrato tutti i loro sforzi (non solo pubblicitari, ma anche per la creazione di messaggi da trasmettere, se possibile virali) sui social media.

Tutte le volte che mi capita di trattare questo tema nei corsi di formazione (l’ho fatto anche nelle giornate di Rental Academy) spiego a chi mi ascolta che Facebook è di Facebook (e dei suoi azionisti) e non dell’azienda che vi ha aperto una pagina. Tutto il traffico e l’attenzione che ogni azienda vi ottiene è dovuto agli algoritmi di questo social media: nel momento in cui Facebook decide di cambiare qualcosa, a detrimento dell’azienda, quest’ultima non può farci nulla. Non per niente negli ultimi anni i tassi di diffusione organica dei post su Facebook hanno seguito un trend di decrescita continua.

La decisione di modificare i contenuti mostrati nei feed degli utenti non è che l’ultimo chiodo nella tomba di questo strumento, dal punto di vista del suo uso in modo organico, cioè con i post che vengono pubblicati sulle bacheche. Resta solo l’opzione a pagamento, oppure restano altri modi di sfruttarlo (ad esempio con i gruppi).

Perché infatti dovremmo credere che Facebook non voglia guadagnare il più possibile dai suoi inserzionisti?

Oppure l’alternativa è un’altra, e diametralmente opposta: evitare di legarsi mani e piedi al social network (a tutti, Facebook è semplicemente quello più avanti degli altri), e trasformare il traffico che non si possiede (quello dei social) in traffico “nostro”, ossia quello degli utenti che hanno deciso di registrarsi sul nostro sito perché gli offriamo qualcosa di utile. E che potremo contattare via email direttamente (sempre nel rispetto del loro tempo e della loro attenzione), per trasformarli nel tempo in lead, prospect e alla fine in clienti veri e propri.

Facebook è infatti un canale utile e importante nella comunicazione digitale dell’azienda, ma non può e non deve essere l’unico, e di sicuro non quello su cui si basa tutta la sua strategia.

Tag dell'articolo: digital marketing, social media

Newsletter - RentalBlog

Iscriviti Qui alla Nostra Newsletter

Ricevi tutti i nostri aggiornamenti esclusivi sul mondo del noleggio

ARTICOLI CORRELATI

Rimaniamo in contatto!

Iscriviti alla newsletter per non perdere i nostri aggiornamenti.

Marketing a cura di