E’ stato bello leggere l’ultimo libro di Antonio Calabrò, “Orgoglio industriale” (Mondadori, pagg.180, euro 17), perché ci ha fatto capire con grande senso della realtà, e senza minimamente cadere nelle illusioni, che è possibile ritrovare la strada perduta per costruire un migliore futuro di sviluppo per il sistema Italia proprio nell’industria manifatturiera e nel made in Italy di qualità: il trionfo del vero e del reale contro le finzioni di carta che nulla avevano a che fare con l’industria.
“Negli anni duemila il mondo ci è cambiato sotto gli occhi, abbiamo guardato ma non abbiamo visto né quindi capito. E così in tanti abbiamo continuato a produrre, consumare, bruciare energia, accumulare debiti e coltivare illusioni sullo “sviluppo infinito” senza alcun senso del limite ambientale e sociale. Adesso ci siamo svegliati. Chiedendoci con allarme che fare”. Calabrò parte da questo risveglio, da questo allarme per fare delle considerazioni sull’evoluzione dell’economia italiana finora e per “scoprire” come la vitalità dell’imprenditoria manifatturiera italiana sia il punto di forza del nostro Paese. Il suo sguardo si ferma così su imprese, spesso piccole ma solide e dinamiche, capaci di creare lavoro e innovazione, cardine di un’Italia che sa fare, fa e fa bene.
La ricognizione di Calabrò, tenuta con cognizione imprenditoriale e taglio giornalistico pare condurci per mano a trovare l’uscita da questo periodo buio: cominciamo a vedere le cose come sono, perché, davvero, ci sono.
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