Lavori stradali questi sconosciuti

lavori stradali buca
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I lavori di manutenzione delle strade italiane stanno diventando il grande assente cronico nei lavori pubblici (non che altri segmenti siano meno assenti, per dirla tutta). Dopo il record negativo del 2017, in cui i consumi di asfalto sono arrivati al minimo storico (da tre anni galleggiavano intorno ai 23 mln di tonnellate contro i 45 mln del 2006), i primi 5 mesi del 2018 mostrano indicatori addirittura peggiorati, evidenziando una contrazione dell’11,8%. La produzione di conglomerato bituminoso è in crollo verticale costante dal 2006 (quando toccò quota 45 mln di tonnellate) e solo nel 2016 ha registrato un lieve “rimbalzo” del +2,1% che l’ha portata da 23,1 a 23,6 milioni di tonnellate. Una piccola inversione di tendenza che lasciava sperare in un 2018 di ripresa per il comparto, ma soprattutto per la sicurezza delle nostre strade. Invece, i primi mesi del 2018 hanno confermato un saldo pesantemente negativo e i segnali che arrivano sul periodo estivo, in cui per le condizioni climatiche solitamente si concentra il 60% dei lavori, non sono affatto confortanti. Le più a rischio sono le strade comunali: le Amministrazioni stanno contrastando l’aumento delle buche moltiplicando le limitazioni alla circolazione e alla velocità. Insomma, una pezza che può certamente attenuare le responsabilità dell’Amministrazione stessa in caso di incidenti causati dal dissesto delle strade, ma che non è certo la migliore risposta ai cittadini che pagano le tasse.

Asfalto bollente

Nella nuova analisi trimestrale, l’Associazione SITEB – Strade Italiane e Bitumi, definisce la rete stradale un vero e proprio “groviera”. Il bollettino elaborato periodicamente dall’Associazione, mette in luce che, a causa del costante blocco dei lavori di manutenzione, oggi occorrerebbero oltre 42 miliardi di euro per rimettere in sesto le nostre strade, ripristinando, ove necessario, anche gli strati più profondi della sovrastruttura stradale. Un costo decisamente elevato, ma ormai indispensabile per preservare il valore complessivo della nostra rete, stimato in 5mila miliardi di euro.

Sembra si sia diffuso ormai in molte amministrazioni quasi un senso di assuefazione e impotenza nei confronti di strade ammalorate e buche, con una doppia beffa per i cittadini: da una parte sono obbligati a convivere con una viabilità sempre più a bollino rosso e dall’altra, proprio a causa di questi pericoli, sono tenuti a percorrere arterie cittadine anche sotto i 30 km/h. L’empasse è totale. Se poi a questo si aggiunge l’improvviso aumento del prezzo del bitume che da solo rappresenta il 40% del valore di un’opera stradale, si capisce come il Paese abbia perso una ennesima occasione per eseguire i lavori a prezzi più contenuti. È ora fondamentale che il nuovo Governo del cambiamento imprima un deciso cambio di marcia rispetto ai precedenti, puntando, per quel che concerne il trasporto su gomma, su una seria politica di manutenzione del patrimonio esistente di 600mila km di strade e, in particolare, di quelle comunali e provinciali che sono le più disastrate”  ha tuonato il Presidente SITEB Michele Turrini.

L’estate sta finendo

Proprio in questi mesi sarebbero dovuti partire i lavori, negli ultimi anni sempre rinviati, soprattutto in diverse aree metropolitane del nostro Paese, dove vere e proprie strade colabrodo mettono a rischio ogni giorno l’incolumità di automobilisti, motociclisti e pedoni. Roma è solo il caso più eclatante e scandaloso. E invece nulla, tutto resta al palo per l’ennesima volta. Per le imprese del settore è arrivata però puntuale la nuova beffa del costo del petrolio che, dai 50-60$ al barile in cui si era stabilizzato negli ultimi anni, è improvvisamente schizzato a 80$, accompagnato dal concomitante deprezzamento dell’euro rispetto al dollaro. Il risultato è stato un brusco aumento del 20-25% del prezzo del bitume, che ha complicato non poco la vita soprattutto alle imprese che hanno vinto appalti di lavori stradali di durata pluriennale. Negli appalti di opere pubbliche, infatti, la “revisione prezzi” è abrogata dal 1993 e nessun adeguamento viene riconosciuto anche a seguito dell’aumento del costo dei materiali da costruzione. Ammesso poi che l’Amministrazone Pubblica paghi le fatture in tempi accettabili.

Ma questa è un’altra storia…

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