Un settore senza produttività

La scarsa produttività delle costruzioni
La scarsa produttività delle costruzioni

pone in modo quasi drammatico l’accento sulla mancanza di produttività (ossia sull’incapacità di sfruttare sempre meglio i fattori produttivi, capitale e lavoro) del settore delle costruzioni. Una situazione che lo relega in fondo alla classifica di quelli meno innovativi e con prospettive di sviluppo più ridotte.

Quando sentiamo parlare di cose del genere, di solito viene da pensare che la prestigiosa rivista inglese mostri un caso di grande inefficienza che ha come protagoniste le imprese o l’economia italiana, piagata da scarsa crescita, clientelismo, burocrazia e inefficienza del settore pubblico.

La scarsa produttività delle costruzioni

Niente di tutto questo: nel caso delle costruzioni la scarsa produttività, e la sua caduta negli anni, non sono un fenomeno prettamente italiano, ma globale. Secondo la società di consulenza McKinsey le costruzioni (che pure quest’anno cresceranno globalmente del 3,5%) hanno il poco invidiabile primato della minore crescita della produttività tra tutti i settori economici. A livello globale, negli ultimi 20 anni la media del valore aggiunto orario è cresciuta solo dell’1% annuo, solo un quarto di quella analoga del settore produttivo.

E la situazione è particolarmente negativa nei paesi più sviluppati. In questo arco di tempo, ad esempio, Germania e Giappone (due modelli di efficienza in campo industriale) non hanno visto alcuna crescita di produttività in campo edile, mentre in Italia e Francia la produttività si è ridotta di un sesto; ma questo è nulla in confronto al crollo di metà della produttività oraria registrato dagli USA dagli anni ’60 a oggi.

Questo fenomeno è esemplificato dai ritardi di completamento e dall’esplosione dei costi di grandi opere come il nuovo aeroporto di Berlino (in ritardo di 5 anni) o la nuova sede di Apple (costata 2 miliardi di dollari più del previsto). Secondo Bent Flyvbjerg della Saïd Business School dell’Università di Oxford, il 90% dei progetti di infrastrutture del mondo è in ritardo o ha sforato il budget di costo.

Mancano gli investimenti

Quali sono i motivi di questa situazione?

Innanzitutto è più facile individuare quali non sono i motivi: non ad esempio i prezzi delle materie prime (che non vengono inseriti in queste valutazioni, e in ogni caso non sono cresciuti molto negli ultimi anni). Anche gli eccessivi oneri burocratici, pure presenti in molti paesi, sono responsabili di una quota marginale della perdita di produttività (solo il 12,5% negli USA, ad esempio, dal 1987 a oggi).

Molto più probabilmente i principali motivi sono costituiti da due trend strutturali.

Il primo è una riduzione degli investimenti in capitale e macchinari, e una progressiva sostituzione di questi ultimi con la forza lavoro. Questo riguarda soprattutto (ed è comprensibile) i paesi in via di sviluppo, dove spesso il costo della manodopera (locale o proveniente dall’estero, come nel caso dell’Arabia Saudita) è ben inferiore a quello delle macchine; più difficile attendersi un fenomeno del genere in quelli sviluppati.

In questi ultimi, la mancanza di investimenti è dovuta all’incertezza di mercato degli ultimi anni, che ha spinto le aziende a restare il più snelle possibile: soprattutto in quei paesi dove il mercato del lavoro è flessibile, è meglio assumere lavoratori, che si possono licenziare facilmente in caso di crisi, che acquistare veicoli difficili da rivendere se il lavoro scarseggia.

Il secondo problema è che il settore non è riuscito, per la maggior parte, a consolidarsi. A differenza di quanto avviene normalmente in quasi tutti i settori, in quello delle costruzioni non è avvenuto il naturale fenomeno per cui le imprese più efficienti spingono quelle inefficienti fuori dal mercato (facendole fallire o acquisendole). Questo in parte perché le normative di riferimento variano non solo da nazione a nazione, ma spesso da regione a regione. E inoltre il fatto che la maggior parte dei progetti costruttivi sia fatto su misura impedisce di generare rilevanti economie di scala: la dimensione media delle aziende di costruzione negli USA è di circa 10 addetti, in Europa di 4.

Il noleggio può rendere più produttive le costruzioni

Questo porta con sé margini risicati (che a loro volta non favoriscono gli investimenti) e strutture complesse di rapporti di appalto e subappalto per le opere maggiori, in cui ogni azienda ha l’obiettivo di minimizzare le proprie perdite e non di collaborare con gli altri operatori. In particolare è interessante una delle frasi citate nell’articolo, dell’architetto olandese Ben van Berkel: mentre tutti sono ormai passati all’iPhone, le costruzioni sono rimaste indietro ai tempi del Walkman.

Esempi virtuosi

Eppure ci sarebbero numerosi esempi di tecnologie in grado di modernizzare il settore: dal CAD per la progettazione a sistemi ancora in fase di sviluppo, ma promettenti, come le gru a guida remota e i bulldozer a guida autonoma (questi ultimi in fase di sviluppo da parte di Komatsu), o i droni per la prospezione e la verifica delle strutture in quota. Un altro esempio è quello di BoKlok, uno spinoff di IKEA che ne mutua la logica di funzionamento: produce la maggior parte dei pezzi della costruzione nella sua fabbrica, standardizzandoli, e li assembla in cantiere, risparmiando tempo e denaro. Anche la società americana Katerra produce sezioni prefabbricate di appartamenti in una fabbrica dell’Arizona.

La Cina guida la classifica dei paesi dove la produttività cresce di più, ma questo anche perché il punto di partenza è molto arretrato. Qui la riduzione dell’offerta di manodopera disponibile registrata negli ultimi anni ha spinto le aziende a puntare non solo sulle costruzioni modulari, ma anche sulla stampa 3D.

Tuttavia questi restano casi isolati: i margini ridotti e i rischi di recessione limitano gli investimenti.

Stupisce chi conosce il mondo del noleggio, e tutti i vantaggi che esso procura, che esso non sia utilizzato dalle imprese come strumento principale per adeguarsi alle oscillazioni della domanda senza rinunciare all’investimento tecnologico per il futuro. Il noleggio, se gestito in modo professionale ed esteso alla maggior parte delle imprese edili, potrebbe consentire a queste ultime di disporre di macchine sempre nuove ed efficienti, mantenendo la struttura dei costi focalizzata su quelli variabili.

Le ultime crisi hanno spinto alcuni paesi, come gli USA, in questa direzione. Può essere che il trend a livello globale si rafforzi ancora di più nei prossimi anni?

Magari potremmo arrivare fra qualche anno a leggere un articolo sull’Economist proprio sul boom globale del noleggio…

Tag dell'articolo: edilizia e costruzioni, noleggio

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