L’autogol alla sicurezza arriva in una circolare

Riceviamo da un lettore e, condividendo, volentieri pubblichiamo.

Le circolari ministeriali sono strumenti che dovrebbero dare un contributo all’applicazione delle leggi, fornendo chiarimenti sullo spirito delle norme. L’obiettivo di tali atti è quello di chiarire eventuali dubbi interpretativi affinché l’operatore possa dare piena esecuzione al dettato normativo. Recentemente una circolare del Ministero del Lavoro è riuscita a mettere in dubbio l’efficacia del provvedimento che avrebbero dovuto aiutare ad interpretare. Mi riferisco alla Circolare n. 12 dell’11 marzo 2013  che contiene chiarimenti in merito all’applicazione dell’Accordo Stato Regioni 22 febbraio 2012 in materia di formazione sull’uso in sicurezza di attrezzature di lavoro.

Il primo punto trattato è relativo alla cosiddetta “esperienza documentata” per i lavoratori del settore agricolo. Questa norma è nata male fin dall’inizio, evidentemente su pressione delle associazioni datoriali dell’agricoltura ma, come detto altre volte, le norme di compromesso spesso danno vita ad errori giuridici. Infatti, è notorio che l’esperienza pregressa pratica nell’utilizzo di attrezzature di lavoro non possa essere automaticamente considerata come un elemento a favore dell’uso in sicurezza delle stesse. Anzi molto spesso l’esperienza porta con sé disattenzione per i temi della sicurezza e costituisce addirittura un fattore di rischio ulteriore per l’operatore e chi gli sta intorno. Il motivo è che un operatore con trent’anni di esperienza su un macchinario, che lo manovra  in modo disinvolto e come fosse una parte di sé, magari mentre fuma una sigaretta o telefona col cellulare, è portato a commettere imprudenze maggiori rispetto a un giovane operatore nato e cresciuto con la cultura della sicurezza. La responsabilità di questa norma pende sulla testa delle associazioni che ne hanno richiesto l’inserimento, con l’aggravante che il settore dei trattori agricoli è quello che causa ogni anno più morti in Italia. Non è questo comunque che si intende denunciare.

Il secondo punto della circolare parla di utilizzo saltuario delle attrezzature di lavoro, sottolineando  che anche per tale uso è necessario essere sottoposti ad adeguata formazione a norma dell’Accordo 22 febbraio 2012. E su questo punto penso che chiunque possa essere d’accordo. Quello che invece sfugge alla comprensione di qualsiasi operatore dotato di buonsenso è il terzo punto del documento: tre righe davvero difficili da giustificare. Così recita: “Ai fini dell’effettuazione del corso di aggiornamento di cui al punto 6 dell’Accordo 22 febbraio 2012 è riconosciuta la possibilità che le 3 ore relative agli argomenti dei moduli pratici possano essere effettuate anche in aula con un numero massimo di partecipanti al corso non superiore a 24 unità”. In sintesi si afferma che, nonostante l’Accordo introduca la formazione pratica e la valorizzi come elemento fondante della prevenzione infortuni, questa potrà essere fatta in sede di prima formazione e poi mai più, se non in forma teorica in aula senza più prevedere sessioni pratiche a contatto con la macchina.

In primo luogo sussistono pesanti dubbi giuridici sulla possibilità che una circolare esplicativa emessa dal Ministero del Lavoro possa incidere in questo modo su un provvedimento emesso dalla Conferenza Stato Regioni, inficiandone di fatto gran parte dell’efficacia. Occorrerebbe rivolgere un appello ai funzionari del Ministero del Lavoro, dato che hanno lavorato negli ultimi due anni per l’emanazione dell’Accordo avendo in mente di certo l’obiettivo della prevenzione degli infortuni: come è possibile emettere una circolare in grado di vanificare e compromettere tutto quanto ottenuto fino ad oggi? Quale attenzione alla riduzione dei costi può giustificare un ritorno alla formazione effettuata esclusivamente in aula e al dominio della teoria sulla pratica?

Un requiem quindi per la parte più incisiva dell’Accordo Stato Regioni 22 febbraio 2012, quella che fissa i requisiti minimi dei corsi di formazione e che si basa sui pilastri della teoria, della pratica e della verifica dell’apprendimento. Se andiamo a togliere uno di questi pilastri, cioè la parte pratica effettuata sulle macchine e la verifica sul campo di quanto concretamente appreso, il castello costruito fino ad oggi è destinato a crollare ed a vanificare tutto il lavoro fatto dal Ministero, dalle parti sociali, dalle associazioni e da chiunque abbia contribuito all’emanazione di questo provvedimento. Speriamo che il Ministero del Lavoro torni sui propri passi per una opportuna rettifica.

Tag dell'articolo: formazione, sicurezza

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