Passare all’azione con la terapia Morita

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Dopo gli articoli dedicati al Kaizen e al Naikan, è ora la volta della terapia Morita.

Creata all’inizio del XX secolo dallo psichiatra giapponese Shoma Morita, il modello si ispira alla teoria zen e alla concezione orientale del mondo, un approccio che incoraggia all’azione articolato su quattro elementi fondamentali:

  1. Accettazione è il cuore dell’azione.
    Siamo onesti, quando ci troviamo in condizioni sgradevoli cerchiamo di manipolarle in modo di trovarci a nostro agio, basti pensare alla nostra relazione col caldo di questi giorni. Cerchiamo disperatamente luoghi con aria condizionata o almeno il beneficio di un ventilatore, che ci aiutino a sopportare la pesante calura estiva. La terapia Morita ha come suo primo pilastro il concetto dell’arugamama, parola da lui stesso coniata che significa “prendere atto che le cose sono come sono”.
    Si tratta di uno stato in cui non cerchiamo di fuggire dall’esperienza emotiva, ma ne prendiamo atto accettandola, in netto contrasto con i concetti di evitamento, rassegnazione e lamentela spesso attuati nelle situazioni di disagio. Riconoscere l’emozione che si prova e accettarla ci permette di viverla e di crescere all’interno dell’emozione, per superarla in modo sano e concreto.
  2. I pensieri e i sentimenti sono incontrollabili.
    L’esperienza interiore (pensieri sentimenti) è fondamentalmente incontrollabile. Non possiamo pensare di provare un’emozione volontariamente, poiché per sua stessa natura è innata. Di conseguenza, accettarla anziché lottare contro la portata dell’emozione ci permetterà di crescere e di vivere in modo più sereno all’interno, ad esempio, del gruppo di appartenenza.
  3. Azione è intenzione.
    E’ una puntualizzazione importante da fare, perché molto spesso abbiamo intenzione di fare una cosa ma quand’è il momento non possiamo mai all’azione. Per la terapia Morita, è invece fondamentale distinguere tra pensieri e azioni ovvero tra il pensare che cosa si desidera e l’agito vero e proprio, per concentrarsi principalmente sul secondo. Rendersi conto della differenza tra orientamento e azione è un aspetto che rende maggiormente efficaci alcuni percorsi formativi.
  4. Cosa ti spinge davvero alla relazione?
    Impegnarsi a trovare quello che è il reale propulsore, la volontà all’azione. Come sappiamo non esistono pillole magiche che ci aiutano ad agire in base ai pensieri, ma la costruzione di obiettivi raggiungibili e misurabili e le giuste ricompense per il lavoro effettuato rappresentano senza dubbio una motivazione all’azione.

La terapia Morita aiuta a prendere decisioni importanti passando ad azioni concrete e quindi misurabili, ed è utile soprattutto dopo una buona pianificazione. Per approfondimenti vi consigliamo River to Live by.

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