I criteri di scelta per utilizzare un bene

Vorrei avviare, con questo primo post, una riflessione articolata che possa stimolare un approccio più consapevole e diversificato rispetto all’uso di un bene utile alla produzione.

Quando un’impresa acquista un bene strumentale, divenendone proprietaria, si trova infatti ad affrontare una serie di problematiche legate alla sua gestione. Tali problemi hanno una differente natura e possono riguardare l’obsolescenza tecnologica, la sopravvenuta inadeguatezza alle normative di riferimento o al proprio fabbisogno, la manutenzione straordinaria o il rischio derivante dall’indisponibilità momentanea del bene in quanto tecnicamente fuori uso quando serve.

Ma ci sono anche problematiche riferibili alle incombenze burocratiche e amministrative della gestione del bene stesso o alle ricadute fiscali o di bilancio. Con la recente crisi finanziaria e la restrizione del credito, inoltre, trovare un finanziamento per l’acquisto è diventato un limite quasi invalicabile; quand’anche si riuscisse, successivamente rendere produttivo il bene acquistato, con un suo utilizzo sistematico che assorba tutti i costi fissi, palesi o nascosti, della proprietà, è un impegno sempre più gravoso.

Perché quindi il ricorso al noleggio non esplode in modo naturale ed evidente, dato che con l’acquisto l’impatto economico è totale?

Con il noleggio, infatti, tutto questo non è previsto: l’utilizzatore gode esclusivamente del possesso, senza altre incombenze. Anche nel caso del leasing finanziario il conduttore ha esclusivamente il possesso del bene ma, al termine del contratto, riscattandolo, ne può divenire proprietario. Inoltre, per quanto concerne la durata (della disponibilità del bene) nel caso di leasing finanziario, in genere, essa risulta essere medio-lunga, vincolata dalla normativa fiscale, da problemi di rischio per la società di leasing e stabilita in funzione della durata economica e tecnica del bene. La durata risulta essere abbreviata, invece, in caso di leasing operativo.

Il noleggio, quindi, si evidenzia come il top della flessibilità, non avendo durate minime e massime. Sono, infatti, le esigenze dell’utilizzatore che portano a un utilizzo del bene necessario anche per un breve periodo di tempo. La scelta delle diverse possibilità di acquisizione per i clienti sembra, in genere e teoricamente, connessa alla sua durata di impiego nel tempo e il suo tasso di uso annuale (inteso come giorni effettivi di uso per anno solare), unitamente alla necessità di avere servizi collaterali.

Mi domando se le imprese italiane sono però davvero consapevoli dei riflessi economici. Se la logica della flessibilità sta generando un reale spostamento dei criteri di utilizzo.

Voi cosa ne pensate?

Tag dell'articolo: B2B

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