Le tre fasi delle pagine di atterraggio: il “durante”

Le tre fasi delle pagine di atterraggio
Le tre fasi delle pagine di atterraggio

Questo è il secondo di una serie di tre post sulle pagine di atterraggio, in cui parliamo del processo con cui esse vengono progettate, create e collegate a un circuito di marketing. Potete leggere il primo, in cui si parla della progettazione, qui.

In questo post parliamo invece della seconda fase, ossia il “durante”.

I 5 elementi della conversione

La seconda fase della creazione di una landing page efficace si basa su cinque elementi.

1. Il titolo

Il titolo della nostra pagina di atterraggio e molto probabilmente il suo elemento importante. Perché?

Perché anche se molte persone arriveranno alla pagina, poche si prenderanno la briga di leggere il contenuto che viene dopo, a meno che il titolo non le spinga a farlo.

E allora come facciamo a creare un titolo che attira l’attenzione e che spinge a continuare a leggere il contenuto della pagina?

Il primo passo è concentrarsi sulle parole-chiave del settore o mercato o prodotto a cui la nostra offerta si riferisce. Questo è utile sempre in generale, e indispensabile nel momento in cui abbiamo pagato per una campagna di pubblicità ad esempio su Adwords: le principali parole chiave per cui verrà mostrato il nostro annuncio devono apparire anche nel titolo.

In ogni caso, usando parole chiave precise, il titolo non sarà blando e generico, ma specifico e interessante.

Dopodiché bisogna costruire il titolo in modo che contenga altri elementi specifici, ossia:

  • un beneficio misurabile;
  • un linguaggio diretto;
  • un tono positivo e anche leggermente sopra le righe (ma non troppo);
  • eventualmente, qualche elemento di contrasto.

Un esempio di titolo che attira l’attenzione (ovviamente dando per scontato che quanto riportato sia vero e dimostrabile) potrebbe essere: “Come risparmiare 20 euro al giorno, rispettare l’ambiente e finire una ristrutturazione con una settimana di anticipo (senza dover assumere il mago David Copperfield)”.

2. I sottotitoli

Con tutte le informazioni che ci bombardano di continuo ogni giorno, è naturale che tutti noi cerchiamo di “scannerizzare” il testo che leggiamo, per capire se ci interessa davvero o no. E qui entrano in gioco i sottotitoli.

I sottotitoli su una pagina di atterraggio non devono solamente guidare il lettore nella lettura dei principali punti, ma devono essere essi stessi veicolo per comunicare i benefici della nostra chiamata all’azione. In sostanza, ciò che il titolo fa per la pagina di atterraggio nel suo complesso, i sottotitoli lo fanno per ciascuna sezione.

Questo significa che i sottotitoli devono essere dei piccoli testi che convincono lettore a continuare a leggere.

Una strategia per scriverli è quindi quella di fare una lista di tutti i benefici del nostro prodotto o servizio, e poi trasformarli nei sottotitoli e nelle sezioni. Per creare questi benefici si parte dalle caratteristiche del prodotto, e ci si pone una semplice domanda: “e allora?”.

Ad esempio:

  • “Le nostre piattaforme sono dotate di motori di ultima generazione”: e allora?
  • “Motori più efficienti riducono drasticamente i consumi di carburante”: e allora?
  • “Si risparmiano soldi in modo sensibile e si riduce l’inquinamento ambientale”: e allora?
  • “Chi le prende a noleggio risparmia sui costi del carburante e può usarle in contesti urbani senza procurare fastidio a chi sta vicino alla zona dei lavori”.

3. Il testo

Proprio come tutti gli altri elementi della pagina di atterraggio, anche il testo viene scritto da noi, ma in realtà deriva dalla analisi di quello che pensano i visitatori.

Quindi l’obiettivo è trovare le parole che i nostri clienti già usano per descrivere i nostri prodotti e servizi, ad esempio andando a trovarli nei loro commenti (a voce, sul sito o sulla pagina Facebook), sui forum, sulle email che ci mandano o nell’interazione con loro che abbiamo tutti i giorni.

4. La controprova

C’è un vecchio detto nel mondo del marketing che sostiene che “la gente compra con il cuore, e poi giustifica l’acquisto con la testa”. Per questo, oltre a parlare al cuore dei lettori, occorre fornire loro delle prove razionali della validità di quello che stiamo dicendo.

I testimonial sono il primo modo con cui si può fornire questa prova. Tuttavia questi ultimi sono spesso troppo generici, e non riescono a fornire informazioni dirette su come un loro problema è stato risolto dalla nostra soluzione, o a fornire risultati misurabili.

Abbiamo dedicato in passato diversi post all’uso dei testimoni aziendali, e a quelli vi rimandiamo per approfondimenti.

Qui ci limitiamo ad aggiungere che, nel progettare una pagina di atterraggio, occorre intervistare i propri testimoni chiedendo una maggiore quantità di dettagli. Invece che chiedere testimonianze generiche sulla loro esperienza (o attendere che siano loro a fornirle spontaneamente), conviene assumere un atteggiamento attivo e chiedere loro:

  • quale problema stavano affrontando;
  • come li abbiamo aiutati a trovare una soluzione;
  • informazioni e dati specifici che dando una prova di questo successo.

5. La chiamata all’azione (call to action)

La call to action è un testo che chiede ai vostri visitatori di fare una cosa specifica. Generalmente appare una o due volte nel corpo della pagina e soprattutto in fondo ad essa.

Un interessante metodo per scrivere la propria chiamata all’azione è quello di mettersi nei panni del visitatore, e specificamente immaginare come finirebbe questa frase:

“Io voglio…”

Dopodiché, si gira la frase in modo che abbia senso in italiano, scrivendo ad esempio “Scopri come risparmiare tempo e denaro con le piattaforme autocarrate” oppure “Contattaci per un preventivo senza impegno”.

Tag dell'articolo: digital marketing, marketing

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