L’azienda condivisa

La condivisione delle risorse tra aziende prende sempre più piede
La condivisione delle risorse tra aziende

La condivisione delle risorse tra aziende

A partire dall’inizio del millennio la cosiddetta economia nella condivisione è cresciuta passando da quasi zero a svariati miliardi di dollari di valore stimato. Il principio di utilizzo di ciò che qualcun altro non sta sfruttando appieno rappresenta il trionfo della fiducia e del crowdsourcing. Dal settore finanziario (Lending Club) a quello dei trasporti (Uber), dall’alloggio (Airbnb) al bike sharing, è un trionfo dell’uso di piattaforme online per collegare persone in modo diretto risparmiando sugli intermediari, con tutte le conseguenze del caso in termini di interesse degli investitori e di esagerazioni mediatiche.

Ma c’è una nuova tendenza che, anche se meno di moda, sta emergendo dal mondo del consumo condiviso, e probabilmente presenta opportunità maggiori, anche se non gode della notorietà dei media se non in modo molto ridotto. Si tratta della condivisione delle risorse tra aziende.

Sta infatti diventando sempre più chiaro che lo scambio tra le aziende di risorse altrimenti sottoutilizzate, tra cui lo spazio e le strumentazioni industriali, consente alle imprese di operare in modo più efficiente di quanto non avvenga in assenza di condivisione. Le aziende che investono ancora di più in questa direzione, scambiandosi asset intangibili, possono beneficiarne ulteriormente, attraverso una maggiore connessione con il mercato. Anche se può sembrare controintuitivo, fornendo al pubblico una quantità maggiore di informazioni (ad esempio sulla disponibilità di personale libero o di brevetti non utilizzati) queste aziende possono ottenere maggiori profitti oltre che contribuire al bene comune.

Attualmente la risorsa più condivisa probabilmente lo spazio fisico, che sempre di più incide sulla profittabilità delle aziende. Nel mondo anglosassone sono sempre più diffuse da un lato le aziende con posti liberi (cioè con uffici troppo grandi per il numero di addetti) , e dall’altro quelle che ricorrono a piattaforme digitali di condivisione degli spazi.

Sharemyoffice.co.uk, per esempio, mette in contatto gli uffici che hanno spazi disponibili con persone o start up con fabbisogni limitati nel tempo. Anche la catena di alberghi Marriott ha convertito sale riunioni rimaste vuote in spazi di lavoro in affitto attraverso la piattaforma online LiquidSpace.

Non solo spazio

E opportunità ancora maggiori risiedono nelle transazioni tra aziende. Si consideri ad esempio il caso della produzione, dove la versatilità delle fabbriche digitali e altre tecnologie di produzione flessibile consentono alle aziende di condividere strutture e strumentazioni. E questo é molto rilevante, specialmente in un contesto in cui le fabbriche lavorano all’80% della capacità produttiva teorica.

Nel 2011, Med-Immune (azienda del gruppo farmaceutico AstraZeneca) ha deciso di condividere le strutture produttive con l’altra multinazionale del settore Merck, combinando la propria disponibilità di capacità produttiva con il bisogno di flessibilità della “rivale”.

Man mano che emergeranno piattaforme dedicate all’industria, diventerà possibile condividere materie prime, strutture distributive e altri investimenti che generano costi fissi. FLOOW2, ad esempio, é una startup olandese che facilita lo scambio di strumenti, attività e personale, mettendoli a disposizione su piattaforme online trasparenti. La condivisione di alcuni fattori produttivi potrebbe avere effetti positivi anche sull’ambiente, aumentando l’efficienza dei trasporti e degli acquisti.

Nella seconda parte di questo articolo, tra sette giorni, vedremo insieme che le opzioni del consumo condiviso per le imprese non si fermano a questo, ma vanno verso anche altri asset rilevanti a livello aziendale.

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