Il libro della giungla (del noleggio)

E’ proprio vero che oggi non si può fare a meno di mettere sul mercato servizi di noleggio a canoni sottocosto?

E’ proprio vero che lo fanno tutti?

E’ proprio vero che lo si fa giusto per sopravvivere a un periodo difficile?

E’ proprio vero che è solo un periodo difficile? O non piuttosto un mercato con una diversa e definitiva connotazione, sia di assorbimento quantitativo ma, a questo punto, che si adeguerà alla qualità dell’offerta che gli viene proposta quotidianamente?

Ho sentito, spesso, molti noleggiatori lamentarsi per la scarsa cultura delle aziende che si avvalgono dei loro prodotti e dei loro servizi, quasi a scaricare sull’utilizzatore finale l’incapacità di modificare radicalmente il rapporto.

La giungla del noleggio

E' una giungla là fuori...

E’ vero che l’offerta è talmente frammentata e diversificata che, se si tratta solo di trovare una macchina qualsiasi a noleggio o un’attrezzatura, e il cliente non la prenderà da me (ma al prezzo e alle condizioni che vuole lui), la troverà comunque allo stesso prezzo e alle stesse condizioni, da un’altra parte.

Finché la troverà, naturalmente. Finchè le società di noleggio sopravviveranno al suicidio lento che hanno messo in atto.

E’ vero che anche un elettricista con tre piattaforme aeree può offrirle sul mercato, scansando, fin che gli va bene, gli obblighi delle norme sulla sicurezza.

E’ vero che un distributore costretto a comprare mini escavatori per questioni di budget, li può poi noleggiare a prezzi stracciati per un po’ e poi metterli in vendita come usato (a chilometro zero).

E’ vero che si possono facilmente aggirare le normative in fatto di esercizio autorizzato di attività finanziaria facendo sottoscrivere contratti “a latere”, in cui al noleggio di oggi è correlato all’acquisto di domani (una pratica tanto vietata, quanto consueta).

Dove sono finite le associazioni?

Ma la domanda più inquietante è: qualcuno, magari qualche associazione, avrà convinto tutti questo soggetti che possono ritenersi noleggiatori, alla stessa stregua di chi ha investito ingenti capitali in organizzazione, personale, formazione, parco mezzi, eccetera, eccetera. E che magari si trova nella situazione di dover “svendere” i canoni per poter tirare a campare ancora per un po’, sperando in un momento migliore, che forse non verrà mai.

Certo, per un’associazione è meglio avere mille soci piuttosto che trenta, soprattutto se l’associazione vive e prospera sui servizi che riesce a piazzare ai soci.

Ma questi trenta si sentono pienamente rappresentati e tutelati quando, magari, facendo parte di un sistema che si batte per una normativa adeguata, per qualche anche minima barriera d’ingresso, sarà più chiaro e trasparente chi può essere noleggiatore e chi no? Chi può esercitare la professione e chi lo fa abusivamente, come i tassisti davanti alla stazione Termini?

In un momento in cui la parola più di moda è “liberalizzazione”, magari questa è una riflessione obsoleta. Ma, allora, se il mercato lo costruisce chi offre un servizio, perché devo impegnarmi per far crescere una giungla, dove l’utilizzatore finale detta le regole che gli fanno comodo?

Perché devo continuare a far parte di un sistema aggregato dove le regole si subiscono, anziché contribuire a scriverle?

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